Cambiare il Pnrr, frutto di un’altra epoca – di Natale Forlani

Cambiare il Pnrr, frutto di un’altra epoca – di Natale Forlani

Il Pnrr va cambiato perché frutto di un’altra epoca! Non usa i mezzi termini il Presidente della Confindustria Carlo Bonomi per rivendicare un cambio di politica economica alla luce delle analisi della sua Associazione (CLICCA QUI) che ridimensionano drasticamente le previsioni del tasso di crescita economica per l’anno in corso dal 4,5% all’1,9%.

Bisogna attuarlo, ripetuto tre volte, gli replica a distanza il ministro dell’Economia Daniele Franco: il rischio di uno scenario negativo rende più che mai urgente concentrare le energie per utilizzare rapidamente le risorse europee già programmate.

Entrambi i contendenti hanno utilizzato solidi argomenti per sostenere le loro tesi, che vanno altamente ponderati evitando di ridurre le divergenze a un semplice scambio di opinioni.

Nei prossimi giorni sarà definito il nuovo Documento di programmazione economica e finanziaria, che ridimensiona le stime della crescita economica, gli impatti sul bilancio pubblico e che avrà il compito di individuare le scelte di politica economica funzionali a contrastare l’impatto recessivo delle dinamiche descritte. Ma il tema di come ripensare l’impianto del Pnrr rimane aperto. Nel breve periodo è un interesse comune quello di rafforzare l’attuazione degli obiettivi già concordati con le Autorità dell’Ue e l’attività dell’apparato amministrativo centrale e periferico che deve assicurare l’operatività delle risorse. Gli obiettivi di fondo del programma, in particolare l’esigenza di aumentare la quota delle energie rinnovabili e la produttività delle attività economiche con il concorso della digitalizzazione dei processi e dei servizi, trovano nuovi motivi per essere rafforzati.

Ma è del tutto evidente che il perseguimento di questi obiettivi dovrà essere adeguato alle nuove condizioni. Le caratteristiche della transizione energetica ambientale sono mutate radicalmente e inevitabilmente condizionate dalla definizione di un programma europeo rivolto a ridurre i livelli di dipendenza dalle importazioni che provengono dalle aree esposte ai rischi delle tensioni internazionali (praticamente tutte, ivi comprese quelle a cui ci stiamo rivolgendo per avere le forniture di gas alternative alla Russia). Questo approccio sta prendendo piede anche per le componenti tecnologiche avanzate con il coinvolgimento delle aziende nazionali e multinazionali. In entrambi i casi si prefigura una mobilitazione di risorse europee e statali, pubbliche e private, destinate a modificare radicalmente l’impostazione dei Pnrr. Per lo scopo, nell’ambito delle Istituzioni europee si sta seriamente pensando di utilizzare la quota delle risorse del programma Next Generation Eu destinate ai prestiti e non prenotate dagli Stati nazionali.

In questo ambito l’Italia risulta essere l’unico Paese ad aver prenotato l’intera quota dei finanziamenti a prestito. Quella che, nell’ambito degli impieghi, risulta essere meno appetibile, più difficile da impiegare e che deve essere rimborsata.

L’inflazione comporta, in parallelo, una svalutazione degli importi disponibili e la necessità di focalizzare le priorità degli interventi, cosa già evidente per le opere infrastrutturali.

Gli sforzi dell’Esecutivo sono tutti concentrati verso il funzionamento della macchina amministrativa, essenzialmente con le assunzioni di personale qualificato, che stanno riscontrando difficoltà per via della carenza di un’offerta di lavoro con le competenze richieste. Tutta la “governance” del Pnrr sta risentendo dello scarso coinvolgimento degli attori economici privati e sociali per la progettazione e la gestione delle risorse nelle filiere produttive.

La carenza di risorse umane competenti nel mercato del lavoro e rapportate ai fabbisogni delle imprese ha assunto proporzioni inaccettabili, persino destinate ad aumentare se si intensificano le riorganizzazioni aziendali con l’ausilio delle tecnologie digitali. Tutta la parte del Pnrr dedicata allo scopo di rendere sostenibili le transizioni lavorative, centrata sul rafforzamento ancora in itinere dei Centri pubblici per l’impiego, è palesemente inadeguata rispetto alle condizioni reali della domanda e dell’offerta di lavoro.

Le carenze della “governance” della gestione del Pnrr si riscontrano anche nella qualità delle relazioni sociali e nell’incapacità delle rappresentanze imprenditoriali e dei lavoratori di offrire un contributo condiviso alla gestione di molti contenuti del Piano.

La combinazione della svalutazione dei salari legata all’inflazione e l’intensificazione delle criticità occupazionali può essere gestita con un incremento massiccio della produttività e rendendo sostenibili le transizioni lavorative, riservando gli interventi assistenziali verso le persone fragili.

La complessità delle variabili e degli attori che possono concorrere a determinare i cambiamenti futuri rendono incerte le previsioni e suggeriscono di adottare un approccio flessibile e dialogante tra le istituzioni, i partiti e le rappresentanze sociali nella ricerca di soluzioni appropriate e da gestire con un approccio responsabile e contributivo. Al Pnrr bisogna restituire un’anima, e questi sono i tempi giusti per riscoprire le ragioni della appartenenza alla Comunità nazionale.

Natale Forlani