Profughi dall’Ucraina? Ma che colore della pelle hanno?

Profughi dall’Ucraina? Ma che colore della pelle hanno?

Tutto bene. Grande moto si solidarietà. Accogliamo chi fugge dall’Ucraina. Come si fa a non aiutarli.

“Io ho una seconda casa. Suor Anna lei mi parla di questi due ragazzi, Michael e Meshack, due studenti di medicina all’Università di Kiev che hanno bisogno di accoglienza. Li ospito io. Ah, eccoli. Ma… Ma.. sono negri”.

Morale della favola Michael e Meshack restano nella «Casa della Regina di Pace» a Casteldaccia, dove suo Anna Alonzo accoglie le ragazze nigeriane sottratte alla prostituzione giacché il piissimo padrone di casa tanto slanciato verso gli ucraini lo si è detto per niente per due africani.

Eppure, solo la pelle li differenzia dagli altri che, con loro, si sono ritrovati sotto le bombe russe. E anche loro avevano bisogno di cibo, abiti e riposo. Suor Anna racconta: «Quando sono arrivati, dopo cinque giorni di viaggio, utilizzando autobus, spesso camminando a piedi, erano esausti. Sono crollati sulla sedia e hanno dormito per ore».

Michael e Meshack hanno ora bisogno, dunque, di una solidarietà non “pelosa”. Di qualcuno non razzista, insomma, che a Palermo, o da altre parti, non stia a fare l’orribile differenza tra chi è “vero” profugo e chi non lo è affatto.

A quei disumani esseri umani che ragionano così è il caso di ricordare che i due ragazzi stanno, in realtà, a sperimentare una doppia esperienza di violenza. Originari del Benin sono dovuti già fuggire una prima volta in Nigeria dopo che i terroristi islamici di Boko Haram ne avevano ucciso i genitori.

Ma evidentemente per qualcuno, oltre che la questione dell’essere profugo a 24 carati, anche se non si sa bene chi lo possa decidere, scontano l’essere nati in Africa. Come se chi li esclude avesse avuto un merito suo proprio nell’essere nato da un’altra parte e con un altro colore della pelle.

CV