Papa Francesco e l’Ucraina: trovare un’altra strada

Papa Francesco e l’Ucraina: trovare un’altra strada

Ieri, su una delle tante televisioni che hanno sostituito i virologi con i più o meno riconosciuti esperti di geopolitica, siamo arrivati a sentire rimproverare Papa Francesco di “fare politica” a seguito del suo intervento di critica alla decisione di molti paesi europei d’innalzare al 2% la quota di Pil da destinare agli armamenti (CLICCA QUI).

Un esempio di come la logica della guerra stia diffondendosi. Al punto di confondere tra di loro cose che non vanno confuse. Com’è lo stare fermi accanto agli ucraini, e materialmente l’Italia, l’Europa e l’Occidente lo stanno facendo, e il contemporaneo ricordare che la vera risposta, come dice il Papa, “non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo ormai globalizzato – non facendo vedere i denti, come adesso –, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali”.

Come già accaduto in precedenti occasioni guerresche, sorvolando su tante cose non proprio commendevoli condotte da una parte o dall’altra, ci troviamo immersi in un clima di belligeranza, favorito anche dal fatto che bombardamenti ed uccisioni le vediamo, sì, ma pur sempre lontani da noi e dalle nostre case.

Sin dagli inizi della violenta invasione dell’Ucraina da parte della Russia abbiamo, invece, sottolineato la necessità che non ci si dovesse fare impregnare dalla logica della guerra (CLICCA QUI). Del resto, e lo ricordavamo anche in quella occasione, “pur giustamente fornendo ogni forma possibile d’aiuto agli ucraini, non possiamo che fare riferimento all’art 11 della Costituzione che ci vincola a perseguire la soluzione di ogni conflitto ripudiando, comunque, l’uso della forza”.

Ferma resta la condanna della decisione di Vladimir Putin di portare tanti lutti, tante lacrime, tante distruzioni a quel popolo che, continuando a negare le reali intenzioni nei suoi confronti, dichiarava “fratello”. Lo sviluppo dello scontro, i tratti persino disumani che lo hanno progressivamente sempre più caratterizzato, non possono che confermarci nel convincimento di sostenere gli ucraini perché si tratta di stare dalla parte dell’aggredito.

Ma possiamo credere davvero che da questa situazione drammatica si esca solamente scommettendo  sull’esito delle vicende militari?

E’ vero Francesco fa politica, quella con la “P” maiuscola. Quella che richiama anche l’arte difficile del confronto, per quanto esso possa essere reso complicato quando dev’essere fatto con chi persegue solamente ragioni di potere e di sottomissione di altri popoli. La democrazia e la libertà si difendono e si sostengono sapendo che se è vero, come diceva von Clausewitz che la guerra è la continuazione della politica con altri mezzi, questo significa fare di tutto per ricercare il negoziato. Senza abbandonare gli aggrediti, come troppe volte accadde negli anni precedenti la Seconda guerra mondiale, si può operare per il negoziato, ma per fare questo è necessario che la politica riprenda il bandolo della matassa nelle proprie mani senza sottomissioni a quello che Francesco ha definito il “potere economico-tecnocratico-militare”.

CV