Ucraina, le parole, le immagini, la guerra – di Giuseppe Careri

Ucraina, le parole, le immagini, la guerra – di Giuseppe Careri

Tra le tante immagini drammatiche della guerra in Ucraina, pubblicate sulle TV di tutto il mondo, ce ne sono molte che hanno toccato il cuore di intere popolazioni in contrasto con altre immagini che hanno invece suscitato rabbia e impotenza.

In una coreografia incredibile nella Piazza di Leopoli è stata pubblicata la foto di 109 passeggini senza occupante per indicare la morte di altrettanti bambini a causa dei bombardamenti sulle città ucraine. Immagine sconvolgente vedere questi passeggini vuoti una volta occupati da bambini uguali in tutto il mondo.

L’altra immagine raffigura lo stadio di Mosca occupato da circa 200 mila persone “armate” da altrettante bandierine russe; il grande palco è occupato dal Presidente Russo Putin in maglioncino bianco che copre l’armatura anti proiettile e un costoso giaccone Loro Piana. Tra musica, canti, sventolio di bandiere e una Z su molte bandiere, la stessa disegnata sui Tank, risaltava la figura dello Zar al centro di un grande palco che ribadiva l’intenzione della Russia di andare fino in fondo. Una propaganda sfacciata declamata a centinaia di migliaia di giovani ignari, forse, del motivo per cui erano stati radunati in quello stadio variopinto e strapieno.

Per cercare di descrivere la guerra, e non un operazione militare come dice Putin, spesso le “piccole parole” servono per evocare immagini che rimarranno forse nell’immaginario collettivo per i prossimi cento anni.

Scrisse il filosofo Gorgia Da Lentini: ”La parola è un potente sovrano, poiché con un corpo piccolissimo e del tutto invisibile conduce a compimento opere profondamente divine. Infatti, essa ha la virtù di troncare la paura, di rimuovere il dolore, d’infondere gioia, d’intensificare la compassione”.

In questo caso la parola evoca immagini, con lo scopo di denunciare l’orrore di una guerra che sta seminando il terrore e la morte di migliaia di cittadini. Lo fa attraverso le immagini dei bombardamenti sulle città ucraine rase al suolo, sui palazzi sventrati, le scuole distrutte, le piazze deserte per la fuga dei cittadini costretti a fuggire dalla loro città, dai loro averi, dalla loro vita ormai distrutta.

Lo testimoniano, poi, le migliaia di profughi, per lo più donne e bambini, almeno tre milioni dice l’Onu, che tentano la fuga su ogni mezzo di fortuna, addirittura a piedi dopo un lungo viaggio estenuante che non sempre riescono a portare a termine per improvvisi bombardamenti da parte dei russi spesso anch’essi giovani di 20 anni.

E poi gli interni delle abitazioni, delle scuole, ospedali, teatri dove nulla è rimasto intatto, distrutto dalla furia delle armi, dei missili che piovono dal cielo.

Colpisce la resistenza degli ucraini e dei volontari arrivati anche dall’estero, che spesso, e le immagini lo testimoniano, cercano di sistemare ciò che è stato distrutto, raccogliendo vetri, tavole, detriti sparsi in tutta la piazza,  all’interno delle abitazioni, degli ospedali e delle scuole.

Lo vediamo a tutte le ore, grazie ai collegamenti dei giornalisti delle Tv di tutto il mondo, dei free lance, che con i loro giubbotti con la scritta Press si avventurano nei luoghi dove ci sono palazzi colpiti, gente impaurita, persone ferite, comprese donne incinta in attesa di partorire.

E poi le immagini dei rifugi improvvisati con centinaia di persone, vecchi, donne e bambini, riuniti in una sala con materassi di fortuna, spazi ridotti, cibo scarso. Una pena, una sofferenza patita da chi non è riuscito a fuggire da questo inferno scaturito dalla voglia di potere di uno zar moderno e dei suoi generali.

All’esterno ancora immagini di trincee scavate da centinaia e centinaia di volontari con la preoccupazione di essere attaccati dal nemico armato di Kalanshnikov. Trincee uguali, drammaticamente, a quelle della prima guerra mondiale dove morirono milioni di persone oltre alle migliaia e migliaia di feriti, molti dei quali mutilati per il resto della loro vita.

Volontari presenti dappertutto, a Mariupol, Kherson, Kiev, Leopoli, e in altre città distrutte. A Odessa migliaia di volontari scavano raccolgono la sabbia, riempiono i sacchetti che poi si passano di mano in mano attraverso una catena umana per costruire barriere per  difendersi dagli attacchi dei russi. Lavorano incessantemente per difendere la loro patria dall’invasore.

Il Presidente Ucraino chiede aiuto all’Europa, agli Usa, chiede ancora armi. Lo fa attraverso uno sforzo titanico incitando i propri cittadini a combattere per la difesa del paese, collegandosi con il Parlamento Inglese, con quello degli Stati Uniti e prossimamente con il Parlamento Italiano.

Da giorni si parla di pace, di trattative, di dieci giorni per far finire la guerra. Intanto, però, migliaia di persone continuano a morire, con milioni di profughi e cittadini inermi costretti nei rifugi disseminati in tutto il paese. Ormai le immagini della guerra ci mostrano un paese stremato. Tutto il mondo prega di arrivare al più presto a una tregua, anticamera della pace.

Occorre fare in fretta, ogni giorno di più significa sofferenza e morte.

Giuseppe Careri