Ucraina: questa volta ci prova Scholz – di Giuseppe Sacco

Ucraina: questa volta ci prova Scholz – di Giuseppe Sacco

Una guerra in Ucraina, al punto in cui sono arrivate le cose, deve essere considerata un’eventualità indubbiamente possibile. Ed anche se la probabilità che essa si tramuti in una guerra più ampia, come quella ventilata da Putin dopo la visita di Macron a Mosca, non è molto alta, neppure questa è un’eventualità che possa essere esclusa. La maggior parte dei governi occidentali se ne dice anzi certa, ed i servizi segreti americani si sono spinti fino ad indicare quella che potrebbe essere la data l’invasione del territorio ucraino: domani, 16 Febbraio.

Non è facile per un osservatore esterno valutare quanto ciò sia corretto, e se – e in che misura – rimangano dei margini per un negoziato capace di evitare lo scontro. Molti credono di no, anche se sembra un po’ strano che in un momento così decisivo il segretario di Stato americano Blinken si sia impegnato in una tournée diplomatica nella regione dell’Indo-Pacifico ed in Oceania, a parlare della cosiddetta Quad. E che faccia persino una sosta alle isole Fiji dove incontrerà i rappresentanti di piccoli staterelli che rischiano, come le isole Salomon,  di essere attratti nell’orbita della Cina.

Certamente della irreversibilità della situazione dubita il Cancelliere tedesco Olaf Scholz. Egli sembra anzi convinto della possibilità della Germania di aver successo in una mediazione  che altri hanno tentato, ma che si è rivelata sempre infruttuosa, anche per la scarsa terzi età dei soggetti che si proponevano come mediatori. A differenza della maggior parte di questi, Berlino ha invece sinora evitato di inviare armi al governo di Volodymyr Zelensky, che la Russia considera un usurpatore, per essere arrivato al potere dopo un colpo di stato nel 2014 contro il presidente democraticamente eletto Viktor Yanukovic. E, poi, come già la Signora Merkel, Schulz ha cercato in ogni modo di far capire che la Germania  È molto riluttante  all’idea di applicare totalmente le “durissime sanzioni” annunciate contro Mosca dal presidente Biden.  E che in particolare non ha nessuna intenzione di rinunciare alle future importazioni di gas dalla Russia tramite il Nord Stream 2.

Il cancelliere Scholz, perciò, è oggi a Kiev, e sarà domani a Mosca. Un calendario – si potrà facilmente notare –in cui L’ordine delle capitali visitate è  opposto a quello seguito da Emmanuel Macron nel suo  “grand tour” in Europa orientale, per quello che è stato presentato come un tentativo di mediazione condotto non solo  da Parigi ma addirittura a nome dell’Unione Europea, dato che dal primo gennaio scorso è iniziato a Bruxelles il semestre di presidenza francese.  Il Presidente francese è andato infatti prima a Mosca, poi a Kiev e subito dopo a Berlino. Un tentativo che non ha portato a niente,  ma il cui fallimento nessuno ha considerato veramente importante, e ancor meno definitivo, perché non si trattava veramente di una mossa diplomatica, ma di propaganda elettorale in vista delle elezioni in Francia.

Ora ci prova il Cancelliere tedesco Scholz, che non è in campagna elettorale, e sembra consapevole del fatto che in politica, a differenza di ciò che accade nella matematica che si impara alla scuola elementare, l’ordine dei fattori può cambiare prodotto. Perciò fa il giro in direzione opposta a quella seguita da Macron.

Olaf Scholz, infatti, ha visto prima Biden, poi i Polacchi (che sono quelli che sostengono ed armano le “milizie volontarie” ucraine di estrema destra), va dapprima a Kiev e solo dopo aver approfondito la questione con il governo ucraino, andrà a Mosca.

Cosa significa questo percorso? Significa che Berlino conosce la regola elementare secondo la quale, da che mondo è mondo, se si vuole evitare una guerra ormai incombente è necessario che il mediatore ottenga prima di tutto un passo indietro da parte del soggetto più aggressivo.  Ciò significa quindi che i Tedeschi pensano che il rischio di guerra, in questo preciso momento, venga più da ovest che non da est. e che quindi sia il  governo di Kiev che, con l’indispensabile  consiglio e consenso dei suoi sponsor occidentali a dover fare fare il primo passo verso la de-escalation,  con un’offerta che poi Scholz porterà a Mosca,  facendosene garante.

Quest’offerta potrebbe ovviamente consistere in una rinuncia unilaterale del governo ucraino a richiedere l’adesione alla Nato.  Una  avvisaglia in questo senso c’è peraltro già stata  avant’ieri con una intervista  – poi opportunamente smentita – concessa alla BBC dall’ambasciatore ucraino a Londra. Può darsi che sia stata un’improvvida iniziativa di un funzionario fortemente motivato da spirito pacifista, oppure – meno verosimilmente – anche di un primo segnale verso Mosca. Quel che è certo è che da parte occidentale si incomincia a vedere qualche non trascurabile elemento di preparazione dell’opinione pubblica ad un tale accordo.

Per averne  un esempio basterà fare ancora una volta far ricorso al “Corriere della Sera” – cui la proprietà Cairo garantisce una provvidenziale libertà – e sulle cui colonne, avant’ieri, lunedì scorso, un giornalista di prim’ordine come Fabrizio Dragosei, in un articolo che va letto e meditato da cima a fondo, scrive  che forse davvero “il nemico è alle porte”. Ma questo “non è il feroce orso russo pronto ad invadere la timida Ucraina, quanto piuttosto battaglioni di fanatici neo-nazisti con tanto di elmetti decorati da svastiche. E’ questa, precisa immediatamente Dragosei, “l’idea della situazione che viene quotidianamente dipinta da decine di mezzi d’informazione più o meno controllati dal Cremlino e che oramai è condivisa da una buona parte della popolazione. A torto, ma alla fine nemmeno del tutto……”

Ciò premesso, il “Corriere” viene al punto essenziale: “È indubbiamente vero che in Ucraina esistono gruppi paramilitari di estrema destra che fanno di tutto per condizionare la linea del presidente Zelensky. E che questi gruppi hanno costituito unità combattenti che sono, come minimo, «tollerate» dal potere centrale”. Anzi, “nei momenti più accesi degli scontri con gli indipendentisti del Donbass – scrive ancora il “Corriere” – si sono visti militanti ucraini armati fino ai denti che indossavano elmetti nazisti (con tanto di simbolo delle SS).”

Il quotidiano milanese, ricorda poi che “la Russia continua a sostenere di non aver la minima intenzione di invadere il Paese vicino e, in verità, neanche i politici indipendenti credono che il Cremlino voglia scatenare la guerra”… E conclude: “Difficile dare torto a Putin, quando sostiene che sono gli Ucraini a non aver attuato gli accordi di Minsk del 2015. E che il loro leader Zelensky non se la sente di far digerire, ai nazionalisti che lo sostengono, la concessione di quell’ampia autonomia prevista dall’intesa. Anche se, in fin dei conti, non sarebbe molto di più di quello che in Italia è stato dato all’Alto Adige.”

Giuseppe Sacco