La pazienza degli italiani e i “danni collaterali” delle vaccinazioni: – di Giuseppe Sacco

La pazienza degli italiani e i “danni collaterali” delle vaccinazioni: – di Giuseppe Sacco

Le misure mutevoli e spesso contraddittorie che –  come, in un talk show su “La7”, ha notato pochi giorni fa l’ex Presidente dell’INPS Tito Boeri –  caratterizzano l’azione delle autorità di fronte all’attuale fase della vicenda Covid sembrano essere tollerate dagli Italiani con una pazienza che la dice lunga sia sul loro presente stato di rassegnazione, così come sulla loro antica sfiducia sulla capacità del nostro paese di autogovernarsi. Ma se la pazienza, come dato caratteriale del singolo, può essere considerata una virtù, essa non potrà mai essere vista come tale a livello collettivo, cioè come una virtù civica. Ed infatti, la eccessiva pazienza del popolo italiano è spesso stata la causa dei suoi insuccessi

Non appare perciò come un segno di virtù la pazienza con cui è stata accolta la scelta di affrontare questo secondo anno di pandemia facendo ricorso ai metodi e alla mentalità militare; né per giustificare che si sia applicata, nei confronti delle persone da vaccinare, una logica da gregge, la stessa logica che hanno conosciuto tutte le reclute non appena indossata l’uniforme. Perché è proprio questa logica livellatrice, in cui ogni caratteristica ed esigenza individuale viene cancellata, che è stata applicata quando si è trattato di utilizzare le scorte di un vaccino – Astra Zeneca – che ha attraversato, soprattutto per una errata politica di comunicazione, una fase di impopolarità e di spesso ingiustificato rifiuto.

Abbiamo già trattato, su queste stesse pagine (CLICCA QUI), altri aspetti di ciò che accadde la scorsa estate, quando importanti istituzioni sanitarie rimasero – e a Roma lo abbiamo personalmente constatato in un centro di assoluta eccellenza come la Fondazione Santa Lucia – per molte settimane all’oscuro di come e in che tempi le autorità sanitarie regionali intendessero procedere con la vaccinazione dei loro ricoverati.

E’ vero che una volta che i media ebbero sollevato il problema, alcune delle principali istituzioni ricevettero i vaccini nel giro di poche ore. Ma fu comunque una risposta non completamente soddisfacente. Infatti, si sarà forse anche trattato, da parte di un organismo burocratico, di una insolita prova del fatto che in qualche caso tali strutture possono dar prova di avere riflessi assai rapidi, come in un brillante blitz di stile militare. Ma si trattò in definitiva di una operazione che mostrò scarsa considerazione per quelli che potrebbero essere chiamarti i “danni collaterali” che venivano al tempo stesso provocati.

Le dosi attribuite, ed iniettate ai pazienti come prima e seconda dose, erano infatti tutte Astra Zeneca – cioè provenienti da quegli stocks di dosi dalla data di scadenza ormai prossima e di cui in quel momento era difficile trovare accettazione nel pubblico – senza tener conto del fatto che le istituzioni cui essi venivano destinati ospitavano pazienti di ogni condizione fisica ed ogni età, e che proprio in quel periodo questo prodotto era considerato pericoloso per gli ultraottantenni, cui era riservato il vaccino cosiddetto Pfizer.

Tale danno collaterale era, peraltro, destinato a prolungarsi del tempo, sino ad oggi. Perché si è venuto a creare un gruppo di anziani la cui protezione antivirale è probabilmente ormai decaduta, ma che si trovano ora abbandonati a se stessi, e che debbono concorrere alla pari con i loro coetanei cui è stato invece iniettato il vaccino per essi dagli scienziati ritenuto più opportuno, nella caccia di una terza dose eterologa, caccia ormai affidata alla loro personale iniziativa  ed alle loro probabilmente scarse capacità di operare on-line.

L’accettazione con un’alzata di spalle di un “danno collaterale” di questo tipo – a scapito, per di più, di una fascia della popolazione tacitamente considerata come inutile e perfino di intralcio ai fini di un’operazione “strategica” – non è inabituale nella logica militare. E’ infatti assai diffusa l’idea che guerra quello che conta è l’efficacia, cioè la capacità di ottenere un risultato, indipendentemente dal costo materiale ed umano. Ma la non considerazione del danno collaterale non è in alcun caso tollerabile nel quadro civile. E, francamente, non lo sarebbe neppure nel quadro militare, se soltanto si accettasse il principio di Emanuele Kant, di vedere l’essere umano sempre come fine, e mai come mezzo.

Giuseppe Sacco