Il giardino dei silenziosi – di Giuseppe Careri

Il giardino dei silenziosi – di Giuseppe Careri

“Ah! Mi dispiace! Ma io so io, e voi non siete un cazzo”.

E’ la celebre frase di Alberto Sordi rivolta a quattro ladroni nel film Il Marchese del Grillo diretto dal regista Mario Monicelli nel 1981.

Romano di trastevere, Alberto Sordi, il vitellone nel film di Federico Fellini che fa la pernacchia ai lavoratori, e poi il Vigile, con la sua bella divisa, che multa il Sindaco, e tanti altri capolavori del cinema, muore nel 2003 all’età di 83 anni e viene sepolto nel cimitero del Verano, zona ampliamento, cappella 2A.

“Quattro imponenti statue accolgono i numerosi visitatori all’ingresso principale del Cimitero Monumentale del Verano, il più esteso d’Italia con i quasi 83 ettari di terreno. Le imponenti statue della facciata rappresentano la Speranza, la Meditazione, la Preghiera e il Silenzio; quattro momenti di raccoglimento che caratterizzano e accompagnano il visitatore attraverso i numerosi riquadri dove sono allocate le tombe di persone comuni, umili e di personaggi famosi.

Il Cimitero Monumentale del Verano è stato fondato durante il regno napoleonico nel decennio 1804-1814 lungo la via Tiburtina, in ossequio a un editto che imponeva le sepolture al di fuori delle mura della città. Il progetto, inizialmente affidato a Giuseppe Valadier, fu poi proseguito dall’architetto pontificio Virginio Vespignani.

Il cimitero del Verano costituisce, con il suo patrimonio di opere d’arte, un museo all’aperto che non ha eguali per il suo inestimabile valore culturale. Al suo interno, infatti, vi sono sepolti personaggi illustri del mondo artistico, storico, letterario, musicale, cinematografico e teatrale.

All’ingresso principale del Cimitero si trova il monumento funebre di Goffredo Mameli, morto a soli 22 anni a causa delle ferite riportate nella battaglia del Vascello durante la difesa della Repubblica Romana del 1849.

Poeta e patriota italiano tra le figure più note del Risorgimento, Mameli è l’autore delle parole dell’Inno Nazionale d’Italia scritte due anni prima all’età di soli 20 anni. Nel 1941, ottanta anni fa, i resti di Goffredo Mameli furono traslati nel Mausoleo Ossario Garibaldino al Gianicolo.

Il Cimitero Monumentale ospita, tra gli altri, numerose personalità della letteratura; tra le figure femminili vi sono Grazia Deledda e Sibilla Aleramo; le due famose poetesse e scrittrici riposano nel vecchio e nuovo reparto in due riquadri differenti. Grazia Deledda, nobel per la letteratura nel 1926, nasce a Nuoro nel 1871 e muore a Roma nel 1936. Frequenta la scuola fino alla quarta elementare, fu poi seguita privatamente da un professore di lettere, latino, greco e francese. Famosi i suoi romanzi, Canne al Vento del 1913, la Via del male e La Madre, scritto nel 1920.

“Femminismo! bisogna riformare la coscienza dell’uomo, creare quella della donna”; La consapevolezza e determinazione di Sibilla Aleramo nel promuovere la coscienza femminile, poi durante il fascismo ridimensionata, attraverso la sua vita vissuta con passione, ma soprattutto con la scrittura dei suoi romanzi e delle sue poesie;

Nel 1891, all’età di 15 anni, Sibilla Aleramo viene stuprata da un impiegato della fabbrica diretta dal padre e poi costretta, due anni più tardi, a sposare il suo violentatore. Segue poi l’amore per il poeta Dino Campana più giovane di lei e destinato, a causa della sua follia, a finire la sua breve vita in manicomio. Scrive Aleramo: “L’amore è una fusione assoluta, al di sopra di ogni differenza: è il miracolo che di due esseri complementari fa un solo essere armonioso”.

E’ la stessa idea di amore assoluto che lega Claretta Petacci al suo amante Mussolini nel periodo più buio del fascismo. Claretta Petacci idolatrava il Duce già dall’infanzia, fino all’estremo sacrificio della sua vita. Per amore di Ben, così Claretta chiamava il suo amante, muore giovanissima all’età di 33 anni.

Claretta Petacci dopo la morte fu appesa a testa in giù alla pensilina di un distributore a Piazzale Loreto. Una mano pietosa le coprì infine le parti intime. La sua ultima dimora, la cappella, è formata da due colonne, cinte intorno da pareti di vetro. Al centro della cappella la sua statua bianca, ai suoi piedi tanti garofani rossi.

Come in un girone dantesco, ci si incammina attraverso i numerosi riquadri e lungo i viali che costeggiano le tombe dei defunti. In una atmosfera di raccoglimento i visitatori sostano tra migliaia di ossari e loculi allineati nelle pareti dove vi riposano le persone comuni e i maestri della settima arte, i poeti romaneschi, i famosi registi, gli attori del cinema che spesso abbiamo tanto amato in gioventù.

In una forma simbolica, parallela a Spoon River, i defunti ci parlano del loro passato, le loro ansie, dei loro amori e dell’odio che a volte imperversa nella società dei vivi. Nel lungo percorso del cimitero s’incontrano quindi i poeti romani, Trilussa con la sua lingua romanesca ci canta Ninna nanna, dormi bello; e poi racconta della sua vita non facile, attraversata dalla povertà. Con toni ironici e taglienti il grande poeta dialettale fustiga con la sua satira le costanti della natura umana. Sull’avarizia scrive: “Ho conosciuto un vecchio ricco, ma avaro: avaro a un punto tale che guarda i soldi nello specchio per vedere raddoppiato il capitale”.

Nell’altopiano del Pincetto riservato ai poeti, al quadro 49 si trova la cappella di Gioacchino Belli. Nei suoi 2279 sonetti romaneschi il poeta romano raccontò la voce del popolo del XIX secolo in chiave moderna. Nel Giudizio Universale scrive: “Io qui ritraggo le idee di una plebe ignorante, comunque in gran parte concettosa ed arguta, e le ritraggo, dirò, col concorso di una favella corrotta, di una lingua infine non italiana e neppur romana, ma romanesca”.

Nel lungo cammino attraverso i viali e i riquadri alla ricerca di chi fu artefice di arte e spettacolo, si raggiungono, sempre nell’altipiano, i signori dello spettacolo, di coloro che ci hanno raccontato la storia del nostro tempo con immagini, parole e musica spesso commoventi. Sono i grandi del cinema italiano e i nostri migliori attori, a cominciare da Roberto Rossellini che ci rammenta i suoi trascorsi, le sue ansie, i suoi dubbi, i suoi amori e la rivalità femminile di Anna Magnani e Ingrid Bergman. Nel suo bellissimo film neorealista “Roma città aperta”, magistrale l’interpretazione della Magnani che insegue il camion dei Tedeschi gridando, Francesco… Francesco… prima di venire uccisa. E poi Vittorio De Sica, sempre in zona ampliamento, riquadro 143, cappella 32, dove ci racconta lo straordinario film “La ciociara” con l’interpretazione eccezionale di Sofia Loren.

Infine i grandi attori, da Marcello Mastroianni, a Nino Manfredi, a Vittorio Gassman, giganti della commedia all’italiana. Film come “Matrimonio all’italiana e Divorzio all’italiana, sono uno spaccato della nostra storia sociale.

L’altro gigante del Teatro e del cinema italiano, Vittorio Gassman il Mattatore, interprete nel lontano 1962 dell’indimenticabile film di Dino Risi il “Sorpasso” dove si racconta la storia di due generazioni a confronto.

Infine, sempre nella zona ampliamento, tomba 54, il grande Nino Manfredi, nei film di Ettore Scola “C’eravamo tanti amati”, la storia di tre ragazzi partigiani dopo la guerra e “Operazione San Gennaro” con il racconto del pentimento del furto del tesoro di San Gennaro.

Storie comuni di ognuno di noi dirette e interpretate magistralmente dai nostri attori, da poeti, scrittori, politici, storie rimaste nell’immaginario collettivo che ci accompagnano nella nostra vita di tutti i giorni.

Il Cimitero Monumentale del Verano, con la loro dimora eterna, conserva pure le loro idee, la loro forza, la debolezza e l’amore che hanno saputo spargere nel cuore di tutti noi.

Giuseppe Careri