La guerra dei poveri – di Giuseppe Careri

La guerra dei poveri – di Giuseppe Careri

Da un anno e mezzo la pandemia ha causato la morte in Italia di oltre 124 mila persone, con 4 milioni 200 mila contagi. Oltre alla drammatica situazione sanitaria, per fortuna in miglioramento progressivo nelle ultime settimane, il coronavirus ha provocato anche un drammatico peggioramento della situazione economica di gran parte dei cittadini che hanno perso il lavoro,  costretti a casa in cassa integrazione.

In questa difficile situazione economica si trovano soprattutto il popolo delle partite Iva, i ristoratori, bar, commercianti e piccole imprese costrette a chiudere i loro esercizi per mancanza d’introiti.

Lo Stato, per quanto è stato possibile, ha adottato politiche di tutela per le piccole imprese, per i ristori alle partite Iva, e per tutti coloro precipitati nel limbo della cassa integrazione. Lo ha fatto con lo scostamento di bilancio che andrà ad aumentare il già pesante debito pubblico delle nostre finanze.

Certo, in moltissimi casi gli aiuti del Governo non sono stati sufficienti ad alleviare le sofferenze di chi non ha lo stipendio e deve mantenere una famiglia. Con le dovute cautele si stanno riaprendo ristoranti e bar, teatri, cinema, piscine, spiagge, che saranno essenziali per superare la crisi che attraversano molte famiglie.

In un articolo pubblicato alcune settimane or sono su Messaggero di Roma, il Sociologo della Fondazione Hume, Luca Ricolfi, mette in risalto le difficoltà degli esercenti, degli artigiani, delle partite Iva costrette a protestare in piazza per i mesi di chiusura, ricordando che “dietro a 5 milioni di lavoratori autonomi non ci sono solo loro e le rispettive famiglie, ma c’è la sterminata realtà dei dipendenti delle piccole imprese, dimenticate dalla legge e dalle organizzazioni sindacali”.

Categorie in sofferenza rispetto allo sterminato mondo del lavoro e di tutti coloro che finora sono stati garantiti, pensionati, impiegati pubblici, dipendenti delle grandi imprese e di quelle medie. Categorie che in questo periodo di pandemia, dice ancora Ricolfi, “Non hanno sofferto perdite di reddito, e anzi, al rallentamento dei consumi, hanno aumentato i depositi in banca”.

Le pensioni vigenti al 1 gennaio 2021 e liquidate nel 2020 sono quasi 18 milioni, di cui quasi 4 milioni di natura previdenziale.

Su 60 milioni di cittadini residenti in Italia, quelli che hanno presentato la dichiarazione dei redditi sono stati 41 milioni. La maggior parte delle tasse vengono pagate alla fonte nella quasi totalità da pensionati e lavoratori.

Le tasse, è ormai risaputo, sono alte perché vengono pagate prevalentemente dal popolo dei “garantiti”, cioè pensionati e lavoratori a reddito fisso, rispetto a tutti coloro che evadono sistematicamente di pagarle e usufruiscono poi dei servizi essenziali e della sanità pubblica.

Secondo l’Istat l’Italia è il Paese che invecchia più velocemente di altri, ci sono 602 pensionati da lavoro ogni 1000 lavoratori. Nel 2019 in Italia quasi una famiglia su due ha fra i suoi componenti un pensionato. E in tempi di magra, come quella che stiamo vivendo, spesso il reddito del pensionato è il solo ramo a cui si possono aggrappare i propri familiari per un sostegno.

Negli anni 50 e 60 il paese usciva fuori da una guerra disastrosa e le famiglie erano costrette a stringere la cinghia. In quei lontanissimi anni, milioni di persone, molto spesso poco più che bambini, si rimboccarono le maniche per un salario, davvero minimo, che consentisse loro di guadagnare poche lire mensili.

Erano per lo più lavori usuranti, spesso rischiosi, senza le protezioni assicurative e sottoposti spesso al potere rigido dei “padroni”, i giovani di allora erano ligi, severi con se stessi e abituati ai sacrifici e al duro lavoro del cottimo.

Molti dei pensionati hanno pagato i contributi spesso oltre i 40 anni, se non di più. Con le loro tasse hanno consentito per anni al sostentamento dello Stato e delle pensioni dei loro genitori e dei loro nonni.

Purtroppo oggi c’ è una situazione pandemica che danneggia tutti i cittadini. Per questo occorre la solidarietà tra i vecchi e i giovani, tra i cosiddetti “garantiti” e i cassa integrati. La pandemia ha creato ulteriori disuguaglianze, ma il contributo Europeo del Recovery Plan dovrebbe portare una ventata di benefici per tutti.

Nel frattempo si faccia la riforma del fisco, si “scovino” gli evasori, un cancro della società che danneggia tutti, giovani, donne, uomini e vecchi. Può essere il primo passo per la ripartenza di tutti i cittadini, senza distinzioni tra garantiti e non e, soprattutto, senza più guerra tra poveri.

Giuseppe Careri