L’uomo “nero” che spinge al suicidio: Internet, educare e vigilare – di Daniela Bianchini

L’uomo “nero” che spinge al suicidio: Internet, educare e vigilare – di Daniela Bianchini

1. Quanto accaduto pochi giorni a Napoli – un undicenne suicida per dare seguito a un gioco proposto in rete – richiama l’attenzione sul rapporto fra i minori ed internet. In questo caso, per il quale la Procura di Napoli ha avviato un’indagine a carico di ignoti per istigazione al suicidio, il minore sarebbe rimasto vittima di uno dei giochi “a prove” diffusi tramite i social network: a bambini e adolescenti dapprima viene fatta una richiesta di amicizia, e successivamente viene proposto di partecipare a giochi e prove di abilità. Progressivamente i malcapitati che hanno aderito si trovano coinvolti in un perverso meccanismo che li incita a prendere parte a prove sempre più rischiose, fino all’autolesionismo e al suicidio.

Internet è un importante strumento di divulgazione. Durante l’emergenza sanitaria internet ha reso possibile la didattica a distanza e ha favorito le comunicazioni, permettendo di parlare con i propri cari, vedendoli in volto e non soltanto sentendoli per telefono. L’acquisizione di competenze digitali è divenuta imprescindibile nell’organizzazione del lavoro, tanto che il Parlamento e il Consiglio europeo – come ricordato dall’Istat nel report “Cittadini e ICT” del 18 dicembre 2019 ‒ individuano le competenze digitali come «una delle otto competenze chiave per lapprendimento permanente, finalizzate allacquisizione di conoscenze che permangono nel tempo e che sono necessarie a ogni cittadino per riuscire a inserirsi allinterno dellambito sociale e lavorativo».

Tuttavia, se da una parte l’uso dei dispositivi digitali e la navigazione in rete offrono risorse in termini di trasmissione delle notizie e di facilitazione delle comunicazioni, dall’altra non vanno dimenticate le insidie fra le pagine virtuali nelle quali si naviga. La rete consente l’acquisizione di moltissime informazioni, ma non tutte sono corrette: vi sono persone che di proposito mettono in circolo notizie false e lo fanno per i motivi più diversi, fra cui disorientare o fomentare l’odio, o semplicemente fare scherzi. La rete presenta anche rischi per la privacy e per l’incolumità personale e familiare. Le informazioni o le foto pubblicate sui social network espongono al furto di identità o all’intrusione nella vita privata, se non addirittura all’estorsione.

2. A questi rischi vanno aggiunti quelli relativi alla salute, causati dall’uso eccessivo degli stessi dispositivi, che vanno dall’affaticamento oculare al mal di testa o al mal di schiena, fino ad arrivare allo sviluppo di una vera e propria dipendenza patologica. In quest’ultimo caso si parla di nomofobia, ossia della paura di trovarsi senza cellulare, caratterizzata dalla necessità di controllare in modo compulsivo e continuo il traffico dei dati sul telefono ‒ spesso collegata alla dipendenza dalla rete e al bisogno di sentirsi sempre “connessi” ‒, con ripercussioni negative sulla vita sociale e di relazione. Un uso eccessivo dei dispositivi tecnologici tende ad isolare le persone, a farle “vivere” più nella dimensione virtuale che in quella reale. Aumenta il rischio di interagire più con lo smartphone che con le persone, con un’evidente perdita in termini di ricchezza delle relazioni interpersonali.

I rischi sono poi più preoccupanti quando sono coinvolti adolescenti e bambini. Per i minori i rischi aumentano, come quelli relativi alla visione di immagini inadeguate all’età o alla lettura di testi che richiederebbero spiegazioni da parte di un adulto. Vi sono poi i pericoli determinati dai pedofili che adescano in rete sfruttando i canali di comunicazione utilizzati dai giovanissimi – come video giochi on line o app all’apparenza innocue – per ottenere dai giovani utenti contenuti a sfondo sessuale: situazioni della cui pericolosità le vittime non si rendono neppure conto, o se ne rendono conto troppo tardi.

Secondo gli ultimi dati Istat in materia di cyberbullismo (2018), l’85% degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni usa il telefono cellulare tutti i giorni e il 72% naviga in internet quotidianamente. Nell’arco di quattro anni, rispetto all’indagine precedente, i dati sono aumentati di circa venti punti percentuali. Altro dato interessante è quello dei dispositivi utilizzati dagli adolescenti per accedere alla rete: il 73% utilizza lo smartphone e soltanto il 27% utilizza il computer. Secondo il Rapporto Annuale Censis del 2018, il 60% degli adolescenti ha ammesso che il controllo dello smartphone costituisce la prima azione svolta la mattina al risveglio e l’ultima la sera, prima di coricarsi, per verificare se siano arrivate nuove notifiche.

3. Un’indagine condotta dall’Istat, pubblicata il 6 aprile 2020, rivela che nel 2019, tra gli adolescenti di 14-17 anni che hanno usato internet negli ultimi 3 mesi prima dell’intervista, due su tre sono risultati con competenze digitali scarse o comunque basilari, mentre meno di tre su dieci (pari a circa 700 mila ragazzi) hanno manifestato livelli alti di conoscenza. Sempre l’Istat, in un’indagine condotta per Save the Children nel 2017, aveva messo in evidenza l’accesso sempre più precoce alla rete da parte dei bambini, già a partire dai sei anni: nel 54% dei casi i bambini usano la rete internet di casa, e sono in aumento i bambini che hanno uno smartphone nell’età compresa fra i 6 e i 10 anni. Tra i genitori è sempre più diffusa la scorretta abitudine di intrattenere i figli con smartphone e tablet già a partire dal primo anno di età, e otto bambini su dieci nell’età compresa fra i 3 e i 5 anni sono soliti usare il cellulare dei genitori, come è emerso dai recenti studi della Società Italiana di Pediatria, che ha messo in evidenza i rischi per la salute fisica e mentale dei bambini. Soltanto il 29% dei genitori, ha precisato inoltre la Società Italiana di Pediatria, chiede consiglio ai pediatri sull’uso dei dispositivi tecnologici da parte dei bambini.

Internet consente di avere accesso ad una grande quantità di informazioni ma il paradosso è che molti dei suoi utenti sono gravemente disinformati sul corretto uso dei dispositivi e della navigazione in rete. Secondo la citata indagine Istat del 2019, soltanto il 29,1% degli utenti di internet di età compresa fra i 16 e i 74 anni ha competenze digitali elevate: «la maggioranza degli internauti ha invece competenze basse (41,6%) o di base (25,8%). Inoltre vi è una nicchia di internauti che non ha alcuna competenza digitale (3,4%, pari a 1 milione e 135 mila)».

4. In ragione dei pericoli a cui si può essere esposti durante la navigazione in rete, il 24 gennaio 2019 è stata presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge – la n. 1537 ‒ volta a introdurre nel nostro ordinamento norme a tutela dei minori che accedono alla rete internet. In particolare, è stato proposto – sulla scia di quanto già previsto dall’art. 3 del codice di autoregolamentazione “Internet e minori” del 2003 ‒ di obbligare per legge i provider ad offrire a tutti gli utenti internet servizi di navigazione differenziata.

Al di là degli interventi normativi, è però decisivo il ruolo dei genitori, i quali hanno la responsabilità di proteggere i propri figli, di farli crescere in maniera sana ed equilibrata sotto il profilo fisico e psicologico, e di educarli e istruirli in modo da consentire loro un pieno inserimento nella vita sociale. Sono i genitori i primi soggetti deputatati a istruire i minori sull’uso corretto della rete, e a vigilare per evitare l’esposizione a rischio dei figli.

Sul punto è interessante quanto osservato dal Tribunale per i minorenni di Caltanissetta nella sentenza dell’8 ottobre 2019: i genitori, si legge nel provvedimento, «sono tenuti non solo ad impartire ai propri figli minori uneducazione consona alle proprie condizioni socio-economiche, ma anche ad adempiere a quellattività di verifica e controllo sulla effettiva acquisizione di quei valori da parte del minore; riguardo alluso della rete telematica, ladempimento del dovere di vigilanza dei genitori è, inoltre, strettamente connesso allestrema pericolosità di quel sistema e di quella potenziale esondazione incontrollabile dei contenuti». Il 23 luglio 2020 il Tribunale di Parma, nell’ambito di un giudizio di cessazione degli effetti civili del matrimonio, ha affermato che è dovere dei genitori controllare smartphone e PC dei figli adolescenti e che è altresì legittimo l’uso dei filtri di parental control.

Anche alla luce di queste pronunce è corretto affermare che l’obbligo di educazione imposto ai genitori, di cui agli artt. 30 della Costituzione e 147 del cod. civ., va considerato anche come “obbligo all’educazione digitale”, al fine di formare nel miglior modo possibile i figli e consentire loro la piena partecipazione sociale, nel rispetto dei principi e diritti fondamentali e dell’altrui dignità.

5. Se dalle statistiche emerge che un’alta percentuale di adulti che usa dispositivi elettronici e naviga in rete è priva di un’adeguata formazione, il dato impone un’ulteriore riflessione. È certamente condivisibile affermare che i genitori hanno precise responsabilità nell’educare ed istruire i figli anche all’uso corretto degli strumenti digitali, tuttavia va altresì considerato che a molti genitori mancano le necessarie conoscenze tecniche. Molti adulti pubblicano foto (non di rado persino degli stessi figli minori), video, informazioni personali e commenti di ogni genere, esponendo sé stesse a rischi enormi quanto a possibili violazioni della privacy, senza avere piena consapevolezza degli effetti negativi della loro condotta. Non solo i minori, quindi, ma anche gli adulti hanno bisogno di una vera e propria “alfabetizzazione digitale”.

Con i necessari interventi normativi di contrasto alla pedopornografia, alla pedofilia e all’adescamento dei minori attraverso la rete, è auspicabile la previsione per legge di corsi di formazione, e di giornate di orientamento per studenti e genitori all’interno delle scuole, e incrementare le attività attualmente previste nell’ambito scolastico in tema di educazione digitale. Nel 2018 il MIUR ha pubblicato un decalogo per l’uso del cellulare in classe e il Sillabo per l’educazione civica digitale, al fine di contrastare il cyberbullismo e la circolazione di fake news fra gli studenti. Sarebbe utile affiancare a questi interventi incontri nelle scuole per sensibilizzare studenti e genitori sull’importanza di un’adeguata formazione digitale, sui rischi della rete e sulle regole da seguire nella comunicazione on line.

Daniela Bianchini

Pubblicato su Centro Studi Rosario Livatino ( CLICCA QUI )

Immagine utilizzata: Pixabay