Orrore nel Mediterraneo – di Giuseppe Careri

Orrore nel Mediterraneo – di Giuseppe Careri

Da 20 giorni un gommone semi sgonfio vaga solitario in mezzo alle acque del Mediterraneo. A bordo di questa solitaria imbarcazione vi è incastrato Il cadavere di un uomo. Dall’alto si vede il busto del povero migrante stretto tra i due tubolari; le gambe bianche penzoloni sull’acqua; sul bacino e le parti intime una macchia nera, forse per effetto di scottature provocate dalla benzina sul corpo dei migranti nel corso della loro tragica traversata; intorno al collo i resti di un indumento ormai inutile. Per ben quattro volte l’aereo Seabird, della nave ong Seawatch, ha fotografato il gommone con a bordo il corpo di un uomo privo di vita; ha quindi comunicato le coordinate internazionali dell’imbarcazione alla guardia costiera di Malta, Tripoli e Italia; ma senza risultato, almeno fino ad oggi.

L’immagine del gommone in balia delle onde del Mediterraneo con a bordo il suo carico mortale, una vergogna per tutta l’Europa, ha fatto il giro del mondo e provocato reazioni sdegnate da parte di chi per anni si batte per salvare i migranti in cerca di un approdo che li salvi da scafisti e da paesi che praticano la tortura e spesso lo stupro nei centri di detenzione.

“Lasciate andare me a recuperare quell’uomo lasciato in pasto ai pesci”, dice il medico di Lampedusa Pietro Bartolo, 64 anni, oggi europarlamentare a Bruxelles; in una intervista telefonica rilasciata al giornalista del quotidiano La Repubblica afferma: “Sono mortificato e incredulo, lo andrei a recuperare io; E’ disumano lasciarlo così in mezzo al mare e ai pesci.

Ancora una volta ragioni di opportunità politiche, meglio dire egoismi, impediscono nella sostanza di trovare una soluzione idonea per salvare persone in stato di pericolo, non ultimo quello di recuperare un uomo senza vita in mezzo al mare.

La foto della Seabird ci riporta ad altre immagini drammatiche che abbiamo vissuto in passato. Chi non ricorda la foto del bambino siriano di tre anni sulla spiaggia di Bodrum, Turchia, nel 2015? Il bimbo disteso a pancia in giù sulla battigia, vestito con la sua magliettina rossa, i pantaloni blù e le scarpine ancora ai piedi.

Ancora, i cadaveri di padre e figlio di due anni morti mentre cercano di attraversare il rio grande in Messico.

Sono foto che raccontano la nostra storia, documenti che illustrano le aberrazioni di una società che spesso si dice civile, ma civile non è quando consente crimini di questo genere.

Tutte le foto storiche che abbiamo ormai impresse nella nostra mente, compresa quella del gommone in mezzo al mare con il suo carico struggente di un uomo senza vita, scuotono la coscienza di ognuno di noi, mettono in risalto le divergenze e le ingiustizie praticate dai diversi paesi europei ostili fino ad oggi a trovare una soluzione sui migranti. Ancora in questi giorni la Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese si è recata a Tripoli per discutere sui flussi migratori e per lanciare un appello alla Libia per porre fine ai centri di detenzione dove avvengono sevizie e stupri, spesso nell’indifferenza generale. “Occorre svuotare i centri di detenzione” ha insistito la Ministra.

Nel recente passato sono stati firmati accordi tra 14 paesi europei per la redistribuzione dei migranti. La norma, positiva in sé, non trova, però, applicazione anche perché non si riesce a fermare l’immigrazione clandestina effettuata da scafisti con pochi scrupoli.

Il caso del gommone con a bordo un cadavere penzolante tra i tubolari di una imbarcazione è un’offesa al diritto, alla pietà, alla solidarietà; un offesa di cui siamo tutti colpevoli; incapaci di prendere iniziative atte a trovare una soluzione di fronte al silenzio irresponsabile delle istituzioni europee.

Basta con i finanziamenti e all’invio di motovedette alla Libia che riportano i migranti nei centri di detenzione, un luogo dove i diritti civili sono cancellati. Occorre pertanto uno sforzo dell’Europa per ripristinare la legalità  e il rispetto dei diritti dell’uomo.

Il gommone con il suo cadavere a bordo  ce lo ricorda ogni momento. Lo abbiamo ormai impresso nella nostra mente, e non lo possiamo cancellare finché una guardia costiera sia autorizzata da un governo a rimuoverlo per restituirlo ai familiari e alla società tutta. E’ un dovere delle istituzioni e di tutta la società civile.

Giuseppe Careri