La rivolta dei medici della Lombardia. Richiesta una nuova strategia

La rivolta dei medici della Lombardia. Richiesta una nuova strategia

L’Ordine dei Medici chirurghi e degli Odontoiatri della Lombardia ha  inviato la seguente lettera aperta all’Assessore alla Sanità Giulio Gallera per denunciare numerosi errori nella gestione della lotta al Coronavirus e chiedono nuovi e diversi interventi

Ill.mo Avv. Gallera,
la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della
Lombardia, riunita in data 05/04/2020, ha preso in esame la situazione relativa all’epidemia da
COVID19 in corso.
Non è questo il momento dell’analisi delle responsabilità, ma la presa d’atto degli
errori occorsi nella prima fase dell’epidemia può risultare utile alle autorità competenti per un
aggiustamento dell’impostazione strategica, essenziale per affrontare le prossime e impegnative
fasi.
Ricordiamo in generale come, a fronte di un ottimo intervento sul potenziamento
delle terapie intensive e semi intensive, per altro in larga misura reso possibile dall’impegno e dal
sacrificio dei medici e degli altri professionisti sanitari, sia risultata evidente l’assenza di strategie
relative alla gestione del territorio.
Ricordiamo, a titolo di esempio non esaustivo:
1) La mancanza di dati sull’esatta diffusione dell’epidemia, legata all’ esecuzione di tamponi solo ai
pazienti ricoverati e alla diagnosi di morte attribuita solo ai deceduti in ospedale. I dati sono sempre
stati presentati come “numero degli infetti” e come “numero dei deceduti” e la mortalità calcolata
è quella relativa ai pazienti ricoverati, mentre il mondo si chiede le ragioni dell’alta mortalità
registrata in Italia, senza rendersi conto che si tratta solo dell’errata impostazione della raccolta dati,
che sottostima enormemente il numero dei malati e discretamente il numero dei deceduti.
2) L’incertezza nella chiusura di alcune aree a rischio
3) La gestione confusa della realtà delle RSA e dei centri diurni per anziani, che ha prodotto
diffusione del contagio e un triste bilancio in termini di vite umane (nella sola provincia di Bergamo
600 morti su 6000 ospiti in un mese).
4) La mancata fornitura di protezioni individuali ai medici del territorio (MMG, PLS, CA e medici delle
RSA) e al restante personale sanitario. Questo ha determinato la morte di numerosi colleghi, la
malattia di numerosissimi di essi e la probabile e involontaria diffusione del contagio, specie nelle
prime fasi dell’epidemia.
5) La pressoché totale assenza delle attività di igiene pubblica (isolamenti dei contatti, tamponi sul
territorio a malati e contatti, ecc…)
6) La mancata esecuzione dei tamponi agli operatori sanitari del territorio e in alcune realtà delle
strutture ospedaliere pubbliche e private, con ulteriore rischio di diffusione del contagio.
7) Il mancato governo del territorio ha determinato la saturazione dei posti letto ospedalieri con la
necessità di trattenere sul territorio pazienti che, in altre circostanze, avrebbero dovuto essere
messi in sicurezza mediante ricovero.
La situazione disastrosa in cui si è venuta a trovare la nostra Regione, anche rispetto
a realtà regionali viciniori, può essere in larga parte attribuita all’interpretazione della situazione
solo nel senso di un’emergenza intensivologica, quando in realtà si trattava di un’emergenza di
sanità pubblica. La sanità pubblica e la medicina territoriale sono state da molti anni trascurate e
depotenziate nella nostra Regione.
La situazione al momento risulta difficile da recuperare, ma si vogliono riportare di
seguito alcune indicazioni, che, a detta della scrivente Federazione, potrebbero, se attuate,
contribuire alla limitazione dei danni, specie nel momento di una ripresa graduale delle attività,
prevedibile nel medio-lungo termine.
Per quanto riguarda gli operatori sanitari la proposta è di sottoporre tutti a test rapido
immunologico, una volta ufficialmente validato, e, in caso di riscontro di presenza anticorpale (IgG
e/o IgM), sottoporre il soggetto a tampone diagnostico. In caso di positività in assenza di sintomi
potrebbe essere da valutare la possibilità, in casi estremi con l’attribuzione di specifiche
responsabilità e procedure, di un’attività solo in ambiente COVID, sempre con protezioni individuali
adeguate. Il test immunologico andrebbe ripetuto con periodicità da definire negli operatori sanitari
risultati negativi.
Per quanto riguarda le attività non sanitarie sembra raccomandabile un’estesa
effettuazione di test rapidi immunologici per discriminare i soggetti che non hanno avuto contatto
con il virus, soggetti che si possono riavviare al lavoro. Per i soggetti nei quali si rileva la presenza di
immunoglobuline (IgG o IgM) sembra indicata l’esecuzione del tampone diagnostico. In tal senso si
raccomanda di potenziare al massimo tale attività diagnostica e di procedere prima ad indagare i
soggetti che risultano urgente riammettere al lavoro, in quanto addetti ad attività ritenute di
prioritario interesse, in funzione della disponibilità di tamponi.
La ripresa del lavoro dovrebbe essere subordinata all’effettuazione del test
immunologico rapido di screening, non risultando in letteratura alcun termine temporale valido per
la quarantena post malattia, anche se decorsa in forma paucisintomatica.
E’ evidente come tale procedura comporti un rilevante impiego di risorse, soprattutto
umane, ed è altresì evidente come la stessa, al momento, sia l’unica atta a consentire la ripresa
dell’attività lavorativa in relativa sicurezza.
A tale scopo Regione Lombardia dovrà mettere in campo tutte le risorse umane ed
economiche disponibili.
Naturalmente quanto sopra dovrà essere accompagnato dall’uso costante, per tutta
la popolazione e in particolare nei luoghi di lavoro, di idonei comportamenti e protezioni.
La ripresa potrà quindi essere solo graduale, prudente e con tempi dettati dalla
necessità di mettere in campo le risorse sopracitate. E’ superfluo segnalare come qualsiasi
imprudenza potrebbe determinare un disastro di proporzioni difficili da immaginare e come le
misure di isolamento sociale siano da potenziare e applicare con assoluto rigore.
Da ultimo, la FROMCeO lombarda ha preso in considerazione la questione, sollevata
da molti colleghi, della mancanza di protocolli di terapia sul territorio. Il problema è stato in gran
parte determinato anche dalla esigenza di trattare a domicilio pazienti che ordinariamente
sarebbero stati inviati in ospedale, ma che non hanno potuto essere accolti per saturazione dei posti
letto. FROMCeO raccomanda ai colleghi di non affidarsi a protocolli estemporanei non validati e ad
attenersi alle indicazioni di AIFA e di Regione, utilizzando la massima cautela.
Nell’esprimere le considerazioni di cui sopra, FROMCeO ritiene di svolgere le proprie
funzioni di organo sussidiario dello Stato ed esprime disponibilità ad un confronto costante con le
Istituzioni preposte alla gestione dell’emergenza. Spiace rimarcare come tale collaborazione, più
volte offerta, non sia ad oggi stata presa in considerazione.
Cordiali saluti.
I presidenti degli ordini provinciali della Regione Lombardia (FROMCeO)
Dr. Spata Gianluigi – Como (Presidente FROMCeO)
Dr. Ravizza Pierfranco – Lecco (Vicepresidente FROMCeO)
Dr. Marinoni Guido – Bergamo
Dr. Di Stefano Ottavio – Brescia
Dr. Lima Gianfranco – Cremona
Dr. Vajani Massimo – Lodi
Dr. Bernardelli Stefano – Mantova
Dr. Rossi Roberto Carlo – Milano
Dr. Teruzzi Carlo Maria – Monza Brianza
Dr. Lisi Claudio – Pavia
Dr. Innocenti Alessandro – Sondrio
Ordine Provinciale dei Medici Chirurgi e degli Odontoiatri di Varese
Per i presidenti
Dr. Gianluigi Spata
Presidente FROMCeO