Calenda lascia il centro – di Giancarlo Infante

Calenda lascia il centro – di Giancarlo Infante

Due armate Brancaleone da Norcia si definiscono per dar corso “alla pugna”. Tra i prodi del centrosinistra è arrivato anche Carlo Calenda. Forzato da Emma Bonino a sposare la paura di fare un flop elettorale e ad approdare su quelle rive verso cui il leader di Azione aveva da tempo, invece, alzato un braccio di saluto. Ha potuto più la forza dell’esponente radicale di avere in mano la chiave dell’esenzione dalla raccolta delle firme che la prospettiva di creare il “Centro”. Un grande progetto s’impantana sulle regole elettorali in grado di snaturare così tanta sostanza di pensiero e di postura.

Un vero peccato che anche Calenda torni ad essere vittima del gioco del bipolarismo che, questa volta, rischia seriamente di far oscillare il pendolo verso la destra. Checché ne dica Enrico Letta, questo Paese, soprattutto quella parte che crede davvero nella cosiddetta “agenda Draghi”, irrobustita magari da un tasso di solidarietà e d’inclusione in più, ha bisogno cambino più che mai i parametri di riferimento e che si vada oltre una stagione dalla durata trentennale giunta oramai al termine.

Dopo mesi di riflessioni sulla fine del bipolarismo, ci si ricasca. Vittime, tra queste Enrico Letta, dei tentennamenti e della perdita del tempismo necessario. Del resto, anche Enrico Letta è figlio dei suoi tempi. E lui è nato, politicamente parlando, in quello del bipolarismo.

E’ un peccato, allora, che per qualche seggio sicuro anche Calenda abbandoni tutto il ragionamento sulla necessità di dare vita a qualcosa d’altro, distinto del centrodestra e del centrosinistra, e lasci per strada uno degli aspetti suoi caratteristici cui in molti guardavano con interesse.

Noi, invece, continuiamo a credere nella possibilità di cambiare realmente le cose. E siamo disponibili a partecipare ad un processo diverso con tutti coloro che ci stanno a superare pregiudizi e valutazioni d’ordine personale. Questa brutta pratica che è oramai l’unica corrente. Come se qualcuno davvero potesse fissare dei paletti di discrimine e giudicare il bene e il male altrui senza entrare nel merito delle prospettive e dei progetti attorno cui si chiama a misurarsi gli italiani.

Continuiamo a credere, a differenza di come sembra oggi fare Calenda, nella necessità di gettare un seme importante che si rivelerà utile quando giungerà il momento in cui questa classe dirigente si troverà di fronte quelle scelte importanti che potrebbero essere gestite solamente da un “baricentro” in grado di andare oltre la politica spacciata come una rissa continua e capace di creare le condizioni perché i nostri problemi siano davvero al centro dell’intera agenda del Paese.

Giancarlo Infante