Ieri “morire per Danzica?”, oggi per Navalny e Aung San Suu Kyi? – di Ilaria Diotallevi

Ieri “morire per Danzica?”, oggi per Navalny e Aung San Suu Kyi? – di Ilaria Diotallevi

Alexei Navalny, l’attuale più famoso e fermo oppositore di Vladimir Putin è stato condannato a tre anni e mezzi di carcere da un tribunale moscovita dinanzi al quale è stato trascinato dopo il rientro in patria, una volta guarito in Germania dall’avvelenamento per il quale egli non ha esitato ad accusare direttamente il Presidente russo.

Nel 1939 si pose il problema di “morire per Danzica”. Frase che stava a significare la scelta netta e precisa con la democrazia contro le mira egemoniche del nazifascismo. Oggi il caso Navalny,  con quelli attualissimi di Aung San Suu Kyi, appena vittima di un colpo di stato nel Myanmar, o dei colpi portati alla democrazia e all’autonomia di Hong Kong, come già fu a lungo la vicenda di Nelson Mandela, ripropongono la scelta democratica a livello personale, nazionale e mondiale.

Non c’è dubbio che si debba “morire per Navalny” perché, per quanto lontano si produca il più piccolo vulnus contro il processo democratico, si è di fronte a un’offesa che costituisce un pericolo per tutti.

E’ questo un punto dirimente che va pure al cuore anche dell’attuale crisi italiana. Per quanto ci riguarda,  la continua conferma dello spirito democratico costituisce il primo spartiacque che ci porta a valutare lo sbocco che all’attuale fase critica si penserà di dare.

Siamo di fronte alla possibilità che si dia corso ad un governo di “alto profilo”, come ha detto il Presidente Sergio Mattarella, “che non debba identificarsi con alcuna formula politica” in modo da far affrontare adeguatamente al Paese le drammatiche vicende che lo attanagliano e lo metta in condizione per giungere ad una piena sintonia con i processi in atto in Europa, a partire dalla migliore e più piena utilizzazione dei fondi previsti dal Recovery Fund.

Pensando a ciò che ci porta a dire di essere pronti a “morire per Navalny”,  è necessario considerare che mentre esistono forze politiche democratiche ed europeiste vi sono anche quelle che hanno veleggiato a lungo con Putin. Si ricorderà il gemellaggio celebrato tra i giovani della Lega di Salvini e quelli della Guardia del partito del Presidente russo ( CLICCA QUI ) nel novembre 2018 ( parliamo di appena poco più di due anni fa dalla firma di un accordo mai rinnegato! ).

Non dimentichiamo che la scelta  tra Putin e Navalny non può essere considerato un optional per accontentare qualche centro d’interesse e, senza entrare nel merito dello scontro politico tra i due, siamo chiamati a fare una scelta di civiltà e di cultura politica.

Ilaria Diotallevi