L’Italia dopo un anno difficile – di Maurizio Cotta

L’Italia dopo un anno difficile – di Maurizio Cotta

L’anno appena trascorso, segnato dalla drammatica pandemia, ha messo in luce tutte le debolezze ma anche gli importanti punti di forza del nostro paese. Un soggetto politico nuovo come Insieme può, con più libertà dei partiti che hanno dominato la scena negli ultimi anni, riflettere sul futuro del nostro paese (come ci suggerisce anche il titolo stesso del nuovo programma europeo “Next Generation EU”). Direi di più, non solo può ma deve ripensare l’Italia, perché questo sarà il vero test della bontà della sua iniziativa politica.

Proprio perché abbiamo una profonda fiducia nella gente concreta del nostro paese, conviene partire per una volta non da ciò che non ha funzionato, ma dalle risposte positive alla crisi che abbiamo visto in questi mesi e che ci danno elementi di speranza. Ricordiamo prima di tutto le famiglie che di fronte alle difficoltà  hanno raddoppiato gli sforzi di sostegno affettivo, assistenziale ed economico per i loro componenti più in difficoltà, poi il personale medico e sanitario, e gli insegnanti che hanno fornito con dedizione i loro servizi  in condizioni di disagio e spesso anche di pericolo personale, gli imprenditori piccoli e grandi che insieme ai lavoratori hanno messo a disposizione i loro talenti di creatività e organizzazione per non far mancare i beni e i servizi indispensabili in questo momento delicato, gli operatori del terzo settore che hanno spinto al massimo la loro capacità di arrivare ai bisogni spesso nascosti delle persone più povere e fragili, i sacerdoti che non hanno fatto mancare il loro sostegno spirituale anche quando le chiese erano chiuse. Tutte queste realtà hanno contribuito enormemente a ridurre gli effetti negativi del COVID e a tenere l’Italia in piedi.

Naturalmente dobbiamo anche esaminare senza indulgenze quello che non ha funzionato. Dando per scontate le più che comprensibili incertezze iniziali delle autorità pubbliche di fronte ad un fenomeno che ha sorpreso tutti per la violenza dei suoi effetti e la rapidità della sua diffusione, con il tempo sono però emerse in tutta evidenza le serie deficienze (spesso con origini che risalgono indietro nel tempo) del sistema Italia. Ricordiamo brevemente le più importanti. La più evidente e la più grave nasce da una classe politica di governo e di opposizione che di fronte ad una crisi di tale gravità non ha saputo superare le differenze di partito ed esprimere un comune sentire. Oltre alle accresciute difficoltà decisionali derivanti da queste divisioni, ne è risultata una comunicazione confusa e poco autorevole nei confronti dei cittadini chiamati a sacrifici e ad una disciplina inediti. Il rapporto tra stato centrale e poteri periferici, così cruciale per gestire le risposte al contagio, ha mostrato tutte le sue debolezze, a partire dalla poca chiarezza delle reciproche attribuzioni per arrivare alla scarsa propensione a lavorare insieme tra regioni e ministeri. Infine il sistema amministrativo nelle sue diverse articolazioni ha evidenziato ancora una volta le sue difficoltà nel lavorare su obiettivi e risultati invece che sulla gestione dell’esistente. Queste difficoltà si sono manifestate con particolare chiarezza laddove si è trattato di mettere il sistema scolastico e quello sanitario nelle condizioni di saper fronteggiare l’emergenza.

Su queste deficienze sistemiche si deve sicuramente riflettere per disegnare le riforme necessarie.

Bisogna tuttavia aver ben chiaro che le fondamenta per ripensare l’Italia e costruire la sua ripartenza economica e sociale (senza dimenticare quella demografica) dopo la crisi non possono che essere quelle forze sociali che hanno mostrato le loro capacità di resilienza nella crisi: le famiglie, gli imprenditori, il terzo settore, gli operatori della scuola e della sanità. Sono queste realtà che devono dettare le priorità della politica dei prossimi mesi e anni sono qui. Le famiglie prima di tutto, in quanto costituiscono la spina dorsale del sistema sociale ed economico.  Devono essere aiutate a ritrovare la fiducia nel futuro anche sul piano dei progetti generativi e ad avere i mezzi per sostenere le loro componenti più fragili. Qui i punti cardine sono una forte riforma della fiscalità familiare e ben congegnate politiche per la casa a favore delle giovani coppie nei grandi centri urbani.

Ma le famiglie hanno bisogno anche di condizioni esterne che diano loro adeguato sostegno.  Se la famiglia è per definizione l’incubatrice del futuro del paese la scuola, luogo di formazione ed educazione, deve essere il suo primo partner privilegiato. Questo vuol dire che le scuole del paese (tanto quelle pubbliche statali che quelle pubbliche non statali che insieme assicurano la ricchezza molteplice della nostra cultura) devono riacquistare un prestigio e una robustezza che oggi non hanno. Un corpo docente in piena efficienza sin dal primo giorno di scuola, un reclutamento regolare che immetta nuove leve di insegnanti ben selezionati e motivati, infrastrutture rinnovate, espansione del tempo pieno, sono i requisiti essenziali che devono essere assicurati. Una forte autonomia delle istituzioni scolastiche, abbinata ad una seria responsabilizzazione di dirigenti e insegnanti anche attraverso la rigorosa valutazione dei risultati dell’insegnamento e della riduzione dell’abbandono scolastico è condizione indispensabile per questo.

Poiché la disponibilità di lavoro per i giovani e per le donne è l’altra fondamentale condizione del benessere delle famiglie, le forze trainanti dell’economia, cioè gli imprenditori, soprattutto i più piccoli, devono essere incoraggiati a innovare e progettare e devono trovare nelle amministrazioni pubbliche non degli antagonisti ma dei collaboratori. Le riforme dei comparti della burocrazia, del fisco e degli apparati giudiziari che operano a stretto contatto con il mondo dell’impresa devono essere pensate in quest’ottica di servizio efficiente ed imparziale. In questo quadro le autorità locali vicine alle esigenze del territorio devono essere dotate di adeguate risorse e di una ben regolata autonomia.

Infine c’è tutto il variegato comparto del terzo settore, che costituisce una ricchezza particolare dell’Italia e che mobilita tante energie spesso in stretto e fruttuoso dialogo con le realtà religiose del nostro paese.  Al terzo settore, per la sua specifica capacità di conoscere le maggiori fragilità che la nostra società contiene e di intervenire con creatività e empatia nel sovvenirvi, deve essere riconosciuta la piena dignità di partner dell’azione pubblica statale e devono essere sostenute le sue capacità di crescita.

Una società civile resa più robusta e vibrante grazie a queste linee di azione potrà essere la base anche per il rinnovamento così necessario della nostra politica e per scrivere le nuove pagine del dopo pandemia.

Maurizio Cotta