Il silenzio delle citta’ al tempo del coronavirus – di Giuseppe Careri

Il silenzio delle citta’ al tempo del coronavirus – di Giuseppe Careri

Secondo l’ultima rilevazione dell’Istat, l’Italia è abitata da 60 milioni di persone sparse un po’ in tutte le città e i comuni. A giudicare dal silenzio che le avvolge in questo periodo di pandemia si stenta quasi a crederlo. Infatti alle prime luci dell’alba si avverte nell’aria solo il cinguettio degli uccelli che annunciano l’arrivo della primavera. Per il resto un silenzio a cui ormai non siamo più abituati. Strade deserte, poche auto in circolazione, pochissime persone per lo più in fila ai supermercati e alle farmacie aperte in tutta Italia. Sono gli effetti delle misure prese nell’ultima riunione del Consiglio dei Ministri che ha ulteriormente aumentato le restrizioni in vigore ormai in tutta Italia. Sono ormai 12.839 i malati di coronavirus in Italia, ben 2.249 in più del giorno precedente; oltre mille le vittime, i guariti 1.258; i contagiati, complessivamente, 15.113 persone.

L’appello, più volte ripetuto da TV, giornali, medici, infermieri, politici, scienziati, addirittura artisti, è  quello di rimanere assolutamente a casa per vincere la battaglia contro il coronavirus.

Appelli per lo più ascoltati dalla grande maggioranza dei cittadini. Fa impressione in questo contesto di vita anomala e assurda, vedere luoghi normalmente trafficati e insopportabili nella quotidianità, desolatamente deserti, con pochi pedoni padroni della strada e delle piazze. Già le piazze.

La paura e l’ansia del coronavirus non impediscono però ai pochi cittadini in giro per la città di ammirare la bellezza di Piazza San Pietro completamente vuota, della scenografica Fontan de Trevi nella sua nicchia nascosta oggi alle migliaia di turisti che ogni anno vengono a gettare la monetina nella fontana con la speranza di ritornarci di nuovo. E poi il Colosseo, Castel S.Angelo e il Campidoglio che domina i magnifici ruderi dei fori imperiali. E ancora, Milano, Piazza Duomo e l’adiacente Galleria Vittorio Emanuele II, con i suoi stucchi, affreschi e decorazioni recentemente restaurati e più luminosi del solito.

Ma se giri lo sguardo intorno a te, vedi anche una città vuota, deserta, e un velo di tristezza inumidiscono i tuoi occhi, come accaduto al Sindaco di Bari durante un’intervista sulla sua città; o lo sfinimento di un’infermiera che si addormenta sul computer esausta dopo una notte estenuante a curare ed assistere i malati di coronavirus. E ancora, saracinesche abbassate di negozi, bar, ristoranti, così pure barbieri, parrucchieri; teatri chiusi, cerimonie religiose deserte, funerali vietati, matrimoni sospesi.

Il silenzio delle città è interrotto qua e là da flash mob su terrazzi improvvisati da persone chiuse in casa, per dire che ci siamo, che siamo uniti uno con l’altro per fronteggiare una pandemia che dovremo debellare al più presto.

E allora ognuno di noi, in questo momento difficile, irreale, dà il suo contributo rimanendo a casa per evitare contagi a se, ai suoi cari, al prossimo, per aiutare infermieri, medici, scienziati, politici, a sconfiggere questo “micro” virus letale che tanta paura continua a farci.

Le ulteriori ristrettezze emanate dal governo, sono e devono essere uno stimolo per ognuno di noi a collaborare, a stare a casa per evitare ulteriori contagi, con il rischio di intasare maggiormente le sale intensive già al limite di sopportazione per il personale sanitario.

Infine la volontà del Governo e delle Regioni di reperire altri spazi per potenziare ulteriori sale intensive, per avere più respiratori, più mascherine per tutti, per il personale sanitario, infermieri, ausiliari, compresi gli operai costretti a lavorare in condizioni spesso difficili.

Ecco, il sacrificio di ognuno di noi di stare a casa è un dovere che “dobbiamo” a medici e infermieri, a tutto il personale sanitario, al loro continuo sacrificio per assistere e  salvare un nostro parente, un amico, un fratello, un genitore.

In definitiva stare a casa come ci dicono in tanti, è un modo per ritrovare se stessi, i propri affetti, per immergerci magari nelle letture spesso abbandonate per via della vita frenetica di tutti i giorni; per ammirare, perché no, il proprio terrazzo con le piante che germogliano al sole, dai colori bellissimi, giallo, verde, lilla e altro ancora. Per ritrovare il senso della vita. Per questo io sto a casa!

Giuseppe Careri