L’uomo del Colle dice “No”: le sentenze vanno solo applicate Non ho ricevuto alcuna richiesta di grazia

L’uomo del Colle dice “No”:  le sentenze vanno solo applicate  Non ho ricevuto alcuna richiesta di grazia

L’uomo del Colle ha detto “No”! Se ci fosse spazio per dell’ironia si potrebbe sintetizzare così l’attesa nota del Presidente Giorgio Napolitano sul caso Berlusconi. Le sentenze vanno rispettate! Si possono criticare, anche quella che sancisce definitivamente la condanna di Silvio Berlusconi, ma vanno applicate.

Questa l’arduo ed atteso responso. Napolitano ha una frase, al riguardo, esplicita: “Di qualsiasi sentenza definitiva, e del conseguente obbligo di applicarla, non può che prendersi atto”.

La cosa che, così su due piedi, dobbiamo registrare è che la risposta dell’uomo del Colle sembra aver fatto tutti contenti, così come accade nel famoso spot pubblicitario. Anche se in quel caso lui dice “si”. Però anche le prime reazioni degli esponenti del Pdl sembrano voler sottolineare più le aperture che le chiusure!

Oh! potere della voce del Colle! Potere, soprattutto, del fatto che ognuno, della lunga dichiarazione di Giorgio Napolitano, volando di petalo in petalo, preferisce soffermarsi su quello che più gli aggrada.

Io ritengo, invece, che il documento, sofferto, meditato e rilasciato proprio perché costretto, quasi con la forza, vada visto nel suo insieme.
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Prima di dormirci sopra e, quindi, pronti a riparlarne l’indomani a mente fresca, l’impressione di fondo è la seguente: Giorgio Napolitano non si è discostato da quanto ritenne opportuno dichiarare pochi minuti dopo la lettura della sentenza della Cassazione lo scorso 30 Luglio, a pomeriggio avanzato: c’è un giudicato e, io, non ci posso fare niente. Posso solo auspicare che la riflessione sulle conseguenze da trarre, cosa che spetta a Berlusconi e al Pdl, avvenga all’interno di un riferimento al quadro complessivo della situazione economica e politica del Paese.

Adesso, forse, ci si può spingere a dire che Giorgio Napolitano aggiunge qualche parola in più. In modo da precisare meglio lo sfondo politico su cui inquadrare ulteriori insistenze dei berlusconiani sulla cosiddetta “agibilità politica” del loro leader.

Giorgio Napolitano, ma lo fece già nel precedente intervento del 30 Luglio scorso, apprezza il fatto che tutti vogliano tenere in piedi il Governo Letta e, sulle basi di questa premessa, aggiunge: “Non mi nascondo, naturalmente, i rischi che possono nascere dalle tensioni politiche insorte a seguito della sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla corte di cassazione nei confronti di Silvio Berlusconi. Mi riferisco, in particolare, alla tendenza ad agitare, in contrapposizione a quella sentenza, ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere”.

Ciò che colpisce sono gli aggettivi usati per definire le “ipotesi” ventilate nei giorni scorsi. Dei veri e propri macigni: “arbitrarie”, “impraticabili”. Come dire: inutile affidarsi ad ipotesi irrealistiche e senza sbocchi. O, almeno: non contate su di me!

Gli stessi concetti del 30 Luglio. Sia pure ribaditi con altri termini, ma non per questo meno perentori.
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Napolitano dice di capire lo stato d’animo che sta agitando Berlusconi ed i suoi. Fa capire di considerarlo analogo a quello che già visse Bettino Craxi e, con lui, l’intero Psi quando un ex Primo Ministro si ritrovò con una condanna da espiare.

Ma,chiarisce il Presidente della Repubblica, “nell’esercizio della libertà di opinione e del diritto di critica, non deve mai violarsi il limite del riconoscimento del principio della divisione dei poteri e della funzione essenziale di controllo della legalità che spetta alla magistratura nella sua indipendenza. Né è accettabile che vengano ventilate forme di ritorsione ai danni del funzionamento delle istituzioni democratiche”.

Con garbo, ma l’uomo del Colle, dice proprio di “No”.

La sostanza del discorso di Napolitano, così, si sviluppa ulteriormente: “A proposito della sentenza passata in giudicato, va innanzitutto ribadito che la normativa vigente esclude che Silvio Berlusconi debba espiare in carcere la pena detentiva irrogatagli e sancisce precise alternative, che possono essere modulate tenendo conto delle esigenze del caso concreto. In quanto ad attese alimentate nei miei confronti, va chiarito che nessuna domanda mi è stata indirizzata cui dovessi dare risposta”.

Come dire, e qui ritorna il concetto del 30 Luglio, Berlusconi si accontenti del fatto che non sarà messo in carcere. Io potrei dargli la grazia ma non ho, ancora, ricevuto nessuna richiesta al riguardo.
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E, qui, sospendendo un attimo il riportare il testo del Presidente perché c’é da chiedersi se questa mancanza di richiesta non debba essere interpretata sotto due profili: il primo, che, richiedendo Berlusconi la grazia, si giocherebbe quasi tutte le ”chance” di adire la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo per ottenere in Europa quella Giustizia che non ha ottenuto in Italia. Secondo, sono in arrivo altre sentenze che potrebbero anche non essere delle migliori. In particolare, quelle sul caso Ruby, a proposito del quale ha già ricevuto sette anni di carcere, e quella sulla presunta compravendita di parlamentari.

Forse gli avvocati di Berlusconi, soprattutto il neo arrivato professor Coppi, avranno freddamente invitato ad aspettare prima di giocarsi definitivamente la carta della Grazia che non può essere richiesta ogni cinque minuti.

Napolitano, non certamente tenuto ad affrontare questi aspetti, allora, prende atto che non ha ricevuto alcuna richiesta e chiosa: “Essenziale è che si possa procedere in un clima di comune consapevolezza degli imperativi della giustizia e delle esigenze complessive del paese”.
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La conclusione del Presidente della Repubblica è scontata: “ mentre toccherà a Silvio Berlusconi e al suo partito decidere circa l’ulteriore svolgimento – nei modi che risulteranno legittimamente possibili – della funzione di guida finora a lui attribuita, preminente per tutti dovrà essere la considerazione della prospettiva di cui l’Italia ha bisogno. Una prospettiva di serenità e di coesione, per poter affrontare problemi di fondo dello stato e della società, compresi quelli di riforma della giustizia da tempo all’ordine del giorno. Tutte le forze politiche dovrebbero concorrere allo sviluppo di una competizione per l’alternanza nella guida del paese che superi le distorsioni da tempo riconosciute di uno scontro distruttivo, e faciliti quell’ascolto reciproco e quelle possibilità di convergenza che l’interesse generale del paese richiede. Ogni gesto di rispetto dei doveri da osservare in uno stato di diritto, ogni realistica presa d’atto di esigenze più che mature di distensione e di rinnovamento nei rapporti politici, sarà importante per superare l’attuale difficile momento”.

Non c’è altro da aggiungere.
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C’è solo da prendere atto che il titolo de “Il Giornale” recita:
Il Colle lascia una porta aperta al Cav: “Non ho ricevuto la richiesta di grazia”Il capo dello Stato: “La sentenza va rispettata”. Ma esclude il carcere e promette: “In caso di richiesta di grazia valuterò”

Giancarlo Infante