Il caso Shalabayeva: la donna può tornare in Italia nessun politico sapeva niente Letta: “chi ha sbagliato pagherà”
Il ministro Emma Bonino esce allo scoperto sul caso Shalabayeva: “Non decidiamo noi sull’espulsione”. E così, dal punto di vista della Farnesina il caso sulle responsabilità del rimpatrio della moglie del dissidente kazako Ablyazov è chiuso. E la Bonino chiosa: “Non abbiamo alcuna competenza in materia, né accesso ai dati dei cittadini stranieri”. Quindi, di conseguenza, la “patata bollente” è solo nelle mani di Angelino Alfano.
Eppure tra i due importanti dicastera c’era stata e c’è maretta. La Questura di Roma, infatti, aveva inviato un fax al ministero degli esteri per chiedere se la signora Shalabayeva godesse o meno di “copertura diplomatica” e la risposta era stata negativa:
Quindi, per la Bonino, la colpa psarebbe tutta degli agenti di Alfano, magari fuorviati dai “servizi”. Ma per l’espulsione della Shalabayeva e della sua bambina di 6 anni ospiti di un villino della zona residenziale di Casalpalocco, tra Roma e il Lido di Ostia, stato organizzato un vero e proprio blizt con tanto di 50 uomini armati degni della più pericolosa operazione dell’antiterrorismo. Ma chi ha dato l’ordine di prelevare la signora con bambina, per per di più con l’appoggio di una così consistente squadra speciale?
In ogni caso il Questore di Roma, da cui dipende l’ordine dello spiegamento di forze, non deve essere improvvisamente impazzito per organizzare da solo una tanto importante spedizione. Avrà di certo ricevuto un preciso ordine da ben più alto. Da chi? Dal suo Ministro, il capo del discastero degli Interni? O tramite lui da Palazzo Chigi, magari per una grave “ragion di Stato” che altrimenti avrebbe suscitato l’ira dei Kazaki al Governo tanto da compromettere le copiose forniture di gas della repubblica euro-asiatica?
Certo è che il 27 maggio l’ambasciatore Kazako, Adrian Yelemessov, contattò il Capo di Gabinetto di Alfano, Giuseppe Procaccini, indicando che il dissidente Ablyazoz fosse nascosto a Casalpalocco e che quindi le autorità Kazake chiedevano l’immediato arresto di colui che per loro era “un pericoloso criminale”. L’ambasciatore precisò a Procaccini di aver contattato, inutilmente, Alfano.
Nei giorni seguenti altri incontri, con i massimi dirigenti della polizia, che avrebbero agito senza comunicar nulla al Ministro. Poi il “fattaccio”, ma nessuno ne sapeva niente. Tutti i politici all’oscuro di tutto! finché saputolo, si prodigano a revocare l’incredibile decreto di espulsione. Proprio incredibile, oltretutto in un settore dove normalmente non si muove foglia che il Ministro non voglia. Siamo alle giustificazioni da operetta.
Per la cronaca, procedimenti di espulsione di cittadini stranieri non graditi per questo o quel motivo sono all’ordine del giorno ed esiste una precisa procedura collaudata. La polizia, in possesso di prove gravi e ineccepibili ottenute al termine di una “istruttoria, invia la richiesta alla Prefettura dove un funzionario di turno, letto il documento ricevuto, rimanda alla Questura lo stesso atto con tanto di timbro e firma. La procedura a questo punto è operativa e lo straniero deve lasciare il paese entro pochi giorni. Va da se che il funzionario prefettizio svolge solo il ruolo del notaio, convalidando atti preparati da quanti hanno svolto l’indagine e concluso l’istruttoria. In ogni caso, una procedura proprio da rivedere.
Il Premier Enrico Letta ha dettato la linea di condotta: “Chi ha sbagliato deve pagare”. E ha aggiunto:” Poi verranno presi i provvedimenti del caso e le teste che dovranno cadere verranno tagliate senza esitazione”. Si certo, con ogni probabilità quella del “maresciallo Picozzetti” e dell’appuntato “Grandicose”. Giustizia sarà così fatta. Come sempre.
Enrico Massidda