Denuncia del New York Times: i centri degli immigrati in Italia sono delle carceri vere e proprie

Denuncia del New York Times:  i centri degli immigrati in Italia  sono delle carceri vere e proprie

La denuncia è pubblicata con un certo rilievo sul New York Times: i centri di raccolta degli immigrati clandestini in Italia sono disumani. Il quotidiano statunitense chiarisce che il Centro di Identificazione ed Espulsione visitato da un loro giornalista, un complesso di detenzione nella periferia di Roma, dove i clandestini possono essere detenuti fino a 18 mesi prima del’espulsione, non è ufficialmente una prigione ma di fatto lo é. Una modifica della norma, quella dei 18 mesi, voluta dall’allora ministro dell’interno Maroni, che prima prevedeva un “soggiorno” dei clandestini solo fino a 60 giorni.

Recinzioni metalliche. Basse casermette in cui gli ospiti sono bloccati durante la notte, quando i cortili di cemento sono illuminati artificialmente come se fosse giorno. Ci sono telecamere di sicurezza. Alcune guardie indossano tenuta antisommossa. I detenuti possono muoversi in aree designate durante il giorno, ma sono costretti a indossare ciabatte o scarpe senza lacci, in modo da non danneggiare se stessi o gli altri. Dopo una rivolta nella sezione maschile, oggetti appuntiti – come penne, matite e pettini – sono stati vietati.

La corrispondente del giornale Usa è stata nel centro romano che si trova nel quartiere di Ponte Galeria. Uno degli 11 utilizzato in Italia per segregare alcuni esseri umani che hanno vissuto in Italia per anni. Sono qua perché o non hanno lavoro o il permesso di soggiorno o i documenti sono scaduti. Si tratta solo di un esempio di come, denunciano gruppi impegnati per i diritti umani, viene equiparata l’immigrazione con la criminalità, dimenticando i benefici effetti economici portati dagli immigrati ed il carattere sempre più multiculturale della società.

154106981-13499810-059a-4e0d-b9a9-001ea1d21b62“Sono luoghi che non hanno alcuna interazione con la società italiana,la quale è appena a conoscenza della loro esistenza”, dice Gabriella Guido, coordinatore nazionale di LasciateCIEntrare, una delle diverse associazioni mobilitate per ottenere la chiudere di questi centri, che in Italia sono noti come CIE ma che dovrebbero essere chiamati lager:” realtà desolate- aggiunge la Guido- che compaiono sui radar nazionali solo quando scoppiano dei tumulti”.

E le rivolte scoppiano molto spesso. Sono ben i cinque i centri che hanno subito lavori di ristrutturazione dopo delle rivolte. Una rivolta ha anche semi distrutto il centro di Torino dove i detenuti sono ristretti in sei settori chiusi. Quando gli operatori di “Medici per i diritti umani” hanno visitato il centro, nell’ aprile 2012, un terzo dei 120 detenuti stavano assumendo sedativi o farmaci anti-ansia. Il direttore del centro ha riferito che ci sono stati 156 atti di autolesionismo tra i detenuti nel 2011.

“Nei 15 anni da quando sono stati istituiti”, sostengono quelli di Medici per i diritti umani i centri “hanno dimostrato di essere congenitamente incapaci di garantire dignità e rispetto dei diritti umani fondamentali”. In più, sostengono, i centri non hanno scoraggiato affatto l’immigrazione clandestina: solo circa il 50 per cento – 4.015 dei 7.944 immigrati irregolari detenuti nel 2012 – sono stati effettivamente espulsi. Una piccola frazione dei 440.000 immigrati irregolari che si ritiene risiedano stabilmente in Italia.

A Ponte Galeria, conclude il New York Times, c’é un caso che ha fatto notizia a livello nazionale: un 24enne egiziano, noto al pubblico solo con il nome di Karim, è stato portato al centro dopo essere stato fermato in aprile con un permesso di soggiorno scaduto. Peccato che egli abbia vissuto in Italia da quando aveva 6 anni. Ha due fratelli legalmente residenti e una fidanzata italiana da tre anni. Lui l’ha aiutata a tirare su il figlio, avuto da un altro uomo, come fosse suo padre.

John De Giorgi