Nanotecnologie: tumori del pancreas decisamente più curabili con farmaci killer all’interno delle cellule

Nanotecnologie:  tumori del pancreas decisamente più curabili  con farmaci killer all’interno delle cellule

L’adenocarcinoma del pancreas, uno dei tumori più infidi e pericolosi. Una delle maggiori patologie maggiormente responsabili delle cause di morte di cancro sia nell’uomo sia nella donna. Una malattia subdola, generalmente scoperta in ritardo quando è avanzata, riducendo al 10 per cento dei casi la possibilità di un intervento, che potrebbe se non altro limitare conseguenze nefaste grazie all’impiego di nanotecnologie.

Nanotecnologie, appunto. Speranze alimentate da uno studio di Giampaolo Tortora, direttore UOC di Verona, sigla che sta per “Oncologia medica dell’Azienda ospedaliera Universitaria integrata di Verona”. “L’uso della nanotecnologia – spiega Tortora – nel farmaco NAB paclitaxiel sfrutta i meccanismi delle cellule tumorali per nutrirsi ed agire contro il tumore”

tortora1 immagine“Entrando nelle cellule tumorali – spiega Tortora – l’albumina si lega a una proteina chiamata SPARC (secreted protein acidic rich in cystw), ovvero proteinas acida secreta e ricca in cisteina. Il Nab paclitaxel, essendo legato all’albumina, sfrutta il legame di quest’ultima con lo Sparc, per far entrare subdolamente nella cellula tumorale il paclitaxel che, una volta rilasciato, aggredisce le cellule neoplastiche. Nab come cavallo di Troia, quindi, che utilizza e inganna i processi vitali delle cellule tumorali”. Un dato questo che troverebbe conferma nei risultati di altri studi.

La ricerca di Verona ha superato la fase avanzata dei test, tanto da essere considerato come la ricerca più grande sinora mai condotta su un numero notevolmente alto di pazienti. Sono stati, infatti, 861 i pazienti sottoposti alla ricerca. “Le curve di sopravvivenza – afferma Michele Reni, coordinatore dell’area attività scientifica del San Raffaele di Milano – con la terapia combinata si differenziano già al terzo mese dai risultati delle cure tradizionali e, cosa importante, rimangono separate anche dopo due anni da inizio del trattamento”.

Risultati confortanti che dimostrano come nel gruppo trattato col nuovo farmaco sia aumentata del 59 per cento la possibilità tortora5 labdi sopravvivenza a un anno con un tasso quasi raddoppiato a due anni.
“La somministrazione dell’associazione Nab, paclitaxel-gemcitabina non solo ha dimostrato – aggiunge l’oncologo- di poter aumentare la sopravvivenza e il tempo libero da progressione, ma anche di poter ottener questo risultato con una tossicità accettabile”.

Una speranza in più per gli undicimila pazienti che presentano ogni anno i sintomi di tumore al pancreas che possono contare su una maggiore certezza per sconfiggere il male. Con la terapia standard che sino a oggi era disponibile la sopravvivenza del paziente con malattia resecabile, era solo di due anni. Spesso, infatti, dopo la resecazione, la malattia si convertiva in metastatica. Se il tumore era localmente avanzato, le possibilità di sopravvivenza erano stimate in massimo dieci mesi e di cinque mesi se metastatico. Una situazione che non era stata possibile modificare per anni.

Una frontiera che è stata possibile superare oggi con l’ausilio di una nuova arma, capace di aggirare il tumore. Unito all’albumina in nano particelle il paclitaxel, un chemioterapico già largamente utilizzato che grazie all’albumina può circolare nel sangue attraversando le pareti dei vasi per raggiungere il tumore. Questo consentirà di ottenere delle concentrazioni di paclitaxel nell’organismo superiore del 10 per cento a quanto si poteva ottenere con la formulazione tradizionale del farmaco. Nelle cellule tumorali si potrà avere, dunque, una presenza del paclitaxel superiore al 33 per cento.

Stefania Giannella