Israele entra nella crisi siriana? secondo bombardamento in 48 ore
La portata e le dimensioni dell’attacco aereo israeliano in Siria non sono ancora verificabili visto che tutte le parti coinvolte raccontano molto poco. Neppure lo stretto indispensabile per capire cosa stia realmente succedendo.
Meno ancora chiare sono le conseguenze politico e militare in direzione di un possibile aggravamento della crisi che, si badi bene, non riguarda solo la Siria perché coinvolge un’area ed interessi molto più vasti di quelli della zona in questione. Una crisi, comunque, che anche a noi europei, in generale, e a noi mediterranei, in particolare, interessa direttamente.
Quello che ci dobbiamo chiedere è se, e come, questo duplice attacco in 48 ore rappresenti un vero e proprio ingresso di Israele nella crisi siriana. Inoltre, se e quanto la linea del Governo di Tel Aviv rappresenti una divaricazione rispetto a quella degli Stati Uniti.
Alcuni commentatori internazionali parlano di un “ rischio calcolato” da parte di politici e militari israeliani i quali, per il momento, si limitano a dire che il loro obiettivo è solo quello di non alterare gli equilibri militari ai confini israeliani. Cioè di non far dotare le milizie sciite di armi troppo sofisticate e più pericolose di quelle di cui sono dotate al momento.
Le bombe israeliane, in ogni caso, sono giunte poche ore dopo che il Presidente Obama aveva dichiarato di non vedere la necessità di un intervento militare fino a quando il Governo siriano non avesse oltrepassato la cosiddetta “ linea rossa” rappresentata da uno sciagurato uso di armi chimiche.
L’attacco israeliano sarebbe consistito in un pesante bombardamento effettuato in una zona montagnosa, sovrastante Damasco, sede del centro siriano di studi e ricerca scientifica “ Jamraya”.
Qui, dove si pensa che si studino e si fabbrichino anche armi chimiche e batteriologice. Un primo bombardamento israeliano era già stato realizzato nel gennaio scorso ma sembra che i suoi affetti siano stati limitati. Alcuni testimoni oculari, ed anche la tv di stato siriana, hanno parlato di numerose esplosioni in diverse aree attorno a Damasco e di una grande palla di fuoco vista sopra il centro scientifico.
La televisione degli Hezbollah Al-Manar citando fonti siriane smentisce, invece, che sia stato preso di mira “ Jamraya” sostenendo che l’attacco ha avuto di mira tre tra caserme e depositi di armi dell’esercito di Damasco. Questa versione si aggiungerebbe ad alcune notizie diffuse nei primi momenti ed in seguito scomparse dalle note di agenzia.
Si è parlato, infatti, di colpi di arma da fuoco sentiti esplodere già prima del bombardamento più pesante. Così come si è parlato di telecamere e macchine fotografiche puntate sulla zona in anticipo sul raid. Misteri che non saranno, forse, mai svelati.
In ogni caso, in due giorni, la Siria è stata presa di mira due volte dagli israeliani. Nel primo caso, siamo venuti a saperlo dalla Cnn statunitense informata da fonti governative Usa. Né il Governo di Damasco né quello di Tel Aviv avrebbero, altrimenti, comunicato alcunché.
Questo primo attacco avrebbe avuto di mira un carico di missili “Fateh 110” destinati agli Hezbollah, le milizie scite libanesi, che, tramite la Siria, riceverebbero armamenti dall’Iran. Questi missili, a carburante solido, montati anche su mezzi mobili, sono frutto dell’evoluzione degli Scud, a carburante liquido, diventati famosi vent’anni fa con la prima guerra del Golfo.
Si tratta di un’arma russa, inizialmente in grado di raggiungere i 200 chilometri di distanza. Il Fateh-110, invece, adesso é stato trasformato e messo in condizione di colpire molti obiettivi dello Stato di Israele se lanciati dai confini libanesi o siriani, dove operano le milizie Hezbollah.
Nel corso dell’attacco delle ore scorse, invece, oltre che missili Fateh- 110 sarebbero stati distrutti missili terra aria SA-17 che, secondo alcune fonti dell’intelligence, sarebbero stati appena ricevuti dalla Russia. Non si sa però se diretti alle milizie sciite o all’esercito di Bashar el-Azad.
Giancarlo Infante