Venti di ergastolo su Avetrana e Garlasco
Per Avetrana ergastolo fu. E si affaccia una pesante pena anche per Garlasco. Farà discutere a lungo la sentenza di primo grado con la quale la Corte di Assise di Brindisi, dopo lunghe e controverse indagini e un processo durati quasi tre anni dall’uccisione della quindicenne Sarah Scazzi, ha acceso una pesante ipoteca sul processo di Sabrina Misseri e della madre Cosima Serrano.
Tutto chiaro allora? Stando almeno alla sentenza con la quale sono stati riconosciute colpevoli dell’omicidio le due donne con la condanna all’ergastolo Serrano sembrerebbe di si. Figlia e madre, secondo l’impalcatura dell’accusa, avrebbero agito in concorso con Michele Misseri, padre e marito delle due donne nonché zio della vittima, il quale assieme al fratello e al nipote si sarebbe incaricato di far sparire il corpo di Sarah.
Una sentenza dura e severa che accontenta le richieste avanzate dall’opinione pubblica e dai media, ma non certo i difensori delle due donne che sezioneranno minuziosamente le motivazioni dei giudici per preparare il ricorso in appello. “Sono state totalmente accolte le richieste del Pubblico Ministero – continuano a ripetere a tutti i legali delle due donne- evidentemente qualcosa in camera di consiglio non ha funzionato. Si sono presi cinque giorni per dire esattamente quello che avevano sostenuto i rappresentanti dell’accusa”.
Può sembrare un paradosso, ma la pesante condanna ha lasciato perplessi i più stretti familiari di Sarah Scazzi pur essendo stati privati della loro bambina. Non può non lasciare l’amaro in bocca una verità processuale che sancisce crudamente anche la perdita, oltre alla figlia, di una sorella e di una nipote. Per loro è quasi impossibile accettare che un così cruento fatto di sangue possa aver avuto come protagonisti così stretti congiunti. Una certezza purtroppo già nota da tempo ma resa loro ancor più pesante proprio dalla gravità della pena inflitta dai giudici che ha cancellato quel piccolo spiraglio di speranza che alla fin fine l’omicida o gli omicidi fossero altri.
“E’ una sentenza severa – hanno avuto modo di dichiarare gli avvocati della famiglia Scazzi – ma era attesa perché gli uffici del pubblico ministero hanno svolto un lavoro esemplare”.
Come si ricorderà, Sarah Scazzi era scomparsa il 26 agosto 2010 dopo essere uscita di casa dicendo che sarebbe andata al mare. Dopo essersi recata dalla cugina Sabrina era scomparsa nel nulla. Giorni di angoscia, durante i quali le indagini dei Carabinieri non dettero alcun risultato. Dopo giorni di ricerche senza esito, l’attenzione degli inquirenti, grazie alle intercettazioni telefoniche e ad alcune testimonianze, si puntò sulla famiglia Misseri.
Lo zio Michele si autoaccusò di aver commesso il delitto cercando di salvare la moglie Cosima e la figlia Sabrina. Un depistaggio che venne subito smascherato tanto che madre e figlia vennero arrestate. Gli abitanti di Avetrana, nel cuore del sud della Puglia, e l’intera opinione pubblica additò subito come colpevoli del delitto Sabrina e Cosima.
Nonostante la condanna, sull’omicidio restano ombre che la sentenza di primo grado non ha contribuito a fugare. C’è chi in paese sussurra di altre responsabilità rimaste sinora coperte. Ma senza far nomi, rianendo assolutamente nel vago. Verità inconfessabili, impossibili anche solo da immaginare? Cosa ci potrebbe essere di tanto grave ancora da scoprire? Dovrà a questo punto il processo di appello contribuire a fare chiarezza sul movente e sulle responsabilità di ciascuno, che poi la Cassazione dovrà confermare con la sentenza definitiva.
Venti di ergastolo anche al nord per l’annullamento da parte della Corte di Cassazione delle sentenza di primo e secondo grado che avevano assolto Alberto Stasi, accusato di aver ucciso il 13 agosto 2007 a Garlasco, vicino a Pavia, la fidanzata Chiara Poggi. I supremi giudici, accogliendo le tesi del Procuratore generale Aniello, hanno stabilito che si dovrà tenere un nuovo processo di appello bis davanti un‘altra sezione della Corte d’Appello di Milano, con tanto di “indicazioni” su ciò che è stato ritenuto sbagliato e che quindi c’è necessità di verificare di nuovo per decidere.
Una brutta tegola per Alberto Stasi che ha visibilmente accusato il colpo perdendo, anche se solo per poco, l’imperturbabile cinico aplomb che non gli ha certo portato simpatie ma che finora lo aveva fatto sfuggire alle certezze di colpa degli inquirenti. Tutto da rifare, quindi, a quasi sei anni dal delitto rimasto fino ad ora impunito per stabilire se Stasi fu davvero l’assassino della giovane Chiara. E se assassino sarà dichiarato, chissà che il cinico Alberto non si dissolva col vento prima che qualcuno lo afferri e riesca a metterlo al sicuro custodendo poi bene la chiave.
Veronica Gabbuti