In provincia di Latina la strada dei vini più lunga d’Italia
Aprilia doc, Cori doc,Circeo doc, Moscato di Terracina doc e Castelli Romani doc. Sì, in provincia di Latina si producono anche vini a denominazione d’origine controllata. Alcune zone, infatti, dei comuni di Aprilia, Cisterna e Cori rientrano nell’area di questa doc. Quella pontina è una delle zone italiane con il più alto numero di marchi doc. Ed una delle prime zone ad ottenere in Italia la denominazione di origine controllata è stata Aprilia. Ciò è la dimostrazione che il comprensorio pontino è stato sempre una terra di vini, l’ultima denominazione, Moscato di Terracina, è arrivata nel 2007. Quattro le tipologie di vini previsti dal disciplinare di produzione: Moscato di Terracina secco, Moscato di Terracina amabile, Moscato di Terracina passito e Moscato di Terracina spumante. Quattro tipologie prodotte dalle cantine del territorio che con tali vini hanno ottenuto una serie di prestigiosi premi anche a livello internazionale.
L’area interessata da questa doc comprende tutto il territorio dei comuni di Monte San Biagio, di Terracina e di Sonnino. Quella del Moscato di Terracina è un’ uva a duplice attitudine. Ed è una delle uve più aromatiche. Secondo un test condotto dal Centro studi assaggiatori di Brescia, il suo aroma è evocativo, rilassante, aristocratico, sensuale e portatore di un umore estremamente positivo. Un aroma capace di “ispirare il piacere personale ma anche la gioia della compagnia, che si addice a un consumatore giovane e innovativo”.
Oltre alle etichette doc, in provincia di Latina si producono anche una quarantina di vini igt (Identificazioni geografica tipica), diversi vini ricavati da uve di vitigni autoctoni (Bellone o Cacchione, Bombino o Ottonese,Nero Buono di Cori, Sanginella Nera, Greco Moro e Greco Giallo) e parecchi vini sperimentali, ossia vini frutto della innovazione vitivinicola che alcune aziende agricole hanno avviato nei loro vigneti.
Di pari passo con l’innovazione colturale di queste aziende c’è stato il recupero della coltivazione dei vitigni locali. Un discorso non ancora terminato, visto che alcune produttori vitivinicoli hanno da poco riscoperto e ripiantato antichi vitigni pontini ormai scomparsi, come l’Abbuoto e l’Aleatico. Insomma, sono finiti i tempi in cui la vitivinicoltura pontina, insieme a quella laziale, era considerata la cenerentola dell’enologia italiana. La qualità dei suoi vini, i traguardi raggiunti, i premi vinti, i riconoscimenti ottenuti, l’hanno proiettata nell’Olimpo delle migliori etichette italiane.
Le cantine pontine tra le prime in Italia : dalle uve autoctone nascono vini di eccezionale fattura che sfidano le migliori etichette del mondo. Sono ben nove i vitigni autoctoni della provincia di Latina: Abbuoto o Cecubo, Arciprete bianco peloso, Bellone o Cacchione, Bombino o Ottonese, Greco giallo, Greco moro, Moscato di Terracina, Nero Buono di Cori e Sanginella nera. Dalle uve di questi vitigni da alcuni anni ormai vengono ricavati vini di eccezionale fattura.
I più conosciuti sono il Bellone prodotto sia dalle cantine della pianura che dalla cantine di collina. È un vino morbido e molto profumato che in passato era usato molto negli uvaggi. Molto conosciuto è anche il Nero Buono di Cori, uno dei due vitigni autoctoni a bacca rossa che si coltivano in territorio pontino (l’altro è il Sanginella nera che si trova esclusivamente nel Golfo di Gaeta). Il vino, di colore rosso intenso, è gradevole e armonico con odore vinoso caratteristico. Un altro vitigno a bacca rossa è l’Abbuoto , proprio in particolare nella Riviera di Ulisse. Nelle vigne di Cori Il Bellone che cresce nelle Terre d’Astura.
Questi i maggiori produttori del territorio :
Azienda agricola Donato Giangirolami; Azienda agricola “il Quadrifoglio”; Azienda agricola Sant’Andrea; Cooperativa Cincinnato; Tenuta “Pietra pinta”; Cantine Lupo; Azienda agricola “Casale del Giglio”; Cooperativa Santa Maria; azienda agricola “Villa Gianna”; Cantina “Marco Carpineti”.
Questi i vini più pregiati :
Dithyranbus: rosso corposo, con un fondo amarognolo. E’ un vino dal sapore asciutto e con un bouquet caldo con sentori di frutta di bosco. E’ il compagno perfetto di piatti preparati con sughi ricchi. Ottimo con il tipico prosciutto cotto di Cori. Anche il Capolemole Cori rosso doc si abbina bene con questo insaccato del posto e con tanti altri piatti e prodotti del comprensorio dei Monti Lepini.
La cantina Marco Carpineti, ad esempio, è stata costruita con la tecnica della bioarchitettura. La scelta di costruire la cantina con questa tecnica è stata fatta per non rovinare il lavoro fatto nei vigneti e nella raccolta delle uve, coltivate tutte biologicamente. I vini di Carpineti, dunque, sono tutti biologici. Anche il Collesanti, ovviamente, lo è. Ma quello che colpisce di questo vino è la sua nobiltà, nonostante provenga da un vitigno locale, uno dei più antichi vitigni di Cori: l’Arciprete bianco. Si chiama così perché le sue uve erano le preferite dell’allora arciprete della cattedrale di Cori. Uve con cui ricavava il vino della Santa messa. Un vino con sentori di fiori di campo. Ma anche un vino con profumi spiccati della terra da cui proviene. Si chiama Solathyo ed è prodotto con uve Bellone. Uve che vengono coltivate in filari con basse rese e vinificate con una leggera macerazione delle bucce e i risultati sono sorprendenti.
È un vino, insomma, tipicamente locale, ma di alta qualità. Un vino che sta portando prestigio all’enologia pontina. Un vino che sta ripagandola cooperativa di Borgo Santa Maria dei tanti sforzi che sta facendo da quando, alla fine degli anni ‘80, con l’approvazione di uno specifico programma di sviluppo, ha decisamente imboccato la strada della qualità. Di colore giallo paglierino con riflessi verdognoli, ha un sapore asciutto, pieno e vellutato. Predilige gli abbinamenti a primi con sughi bianchi e a piatti a base di pesce.
E con le uve Bellone raccolte tardivamente, i titolari della cantina producono il Gaudyum. Questo vino, oltre ad essere la “versione”dolce del Solathyo, è andato ad affiancare le altre etichette della cantina: il rosso Anthéo, il bianco Zéphiro, il Merlot Agréthyo e il Cabernet Sauvignon Praedyo.
Altra cantina di produzione biologica è quella di Donato Giangirolami . Quattro i suoi rossi: Peschio, Pancarpo, Prodigio, Rubidio. Il primo è ricavato da uve di Cabernet Sauvignon e Petit Verdot, il secondo da Syrah, Petit Verdot e Cabernet Sauvignon. Rubidio è prodotto con sole uve Syrah. Si tratta dunque di vini ottenuti con uve di vitigni internazionali. Invece, i tre bianchi (Carinto,Propizio e Rezzo) sono prodotti con uve di vitigni locali e nazionali. Il vigneto è allevato a spalliera con potatura tipo guyot o cordone speronato. La densità di impianto è di quattromila piante per ettaro. Non viene praticata l’irrigazione se non quella di soccorso. La resa produttiva per ettaro è contenuta, in quanto nella conduzione del vigneto non viene attuato nessun tipo di forzatura. È da due generazioni che la famiglia Giangirolami coltiva uve, un’esperienza di anni al servizio dell’innovazione enologica che ha permesso la produzione di vini di alta qualità. Frutto della sperimentazione vitivinicola avviata alla fine degli ’80.
Dai fratelli Ferretti, Cesare e Francesco, titolari di “Tenuta Pietra Pinta” abbiamo il vino” Colle Amato”, un rosso che regge molto bene l’invecchiamento. Matura in piccole botti francesi di rovere per 12 mesi e, prima di essere commercializzato viene lasciato ad affinare in bottiglia per altri sei mesi. Il Colle Amato accompagna arrosti, carni alla brace e formaggi stagionati. Questi gli altri vini prodotti dai fratelli Ferretti: Chardonay, Falanghina, Petit Verdot, NeroBuono, Costa Vecchia.
Il Nero Buono di Cori Porta il nome del vitigno da cui proviene . Asciutto e corposo, è un vino dal colore rosso rubino intenso. A sei mesi dalla vinificazione sosta in barrique nuove per 12 mesi durante i quali acquisisce complessità organolettica. Appena maturo viene imbottigliato e lasciato affinare in vetro. È ottimo per accompagnare carni rosse, formaggi stagionati e cacciagione. Lo produce la Cooperativa Cincinnato, Costituita nel 1947 da viticoltori locali, solo nel 1979 la Cincinnato diventa una vera e propria azienda vinicola. Anche se i metodi di produzione sono cambiati nel tempo, l’importanza e le garanzie fornite ai singoli produttori sono rimaste invariate. L’azienda vinifica esclusivamente uve locali e attualmente conta circa 250 soci. Produce i vini della doc di Cori e accanto alle etichette che ormai fanno parte della storia della cantina, si sono aggiunti nel corso degli anni diversi nuovi vini come il Bellone, l’Arcatura, l’Illirio, il Rave rosse, il Castore e il Polluce. La Cincinnato è stata la prima cantina della provincia di Latina a produrre spumante e grappa. Solina, il suo vendemmia tardiva, si sposa infatti bene con i dolci tipici locali.
Oppidum, Templum e Capitolium sono, invece, i tre vini prodotti dalla cantina Sant’Andrea con uve Moscato di Terracina. Il Capitolium è il vino principe dei dessert. I suoi profumi aromatici e persistenti, tipici del vitigno di provenienza. Una chiara nota di grande signorilità e il suo sapore, dolce, lo rende molto attraente. È un vino da meditazione: da sorseggiare con gli amici, magari davanti ad un bel dolce di crema e cioccolata. Invece l’Oppidum si sposa molto bene con piatti delicati a base di pesce e antipasti di mare.Fa inoltre anche un figurone come aperitivo. È un vino dal profumo molto intenso, complesso e pieno di frutta tropicale, di rosa appassita e di albicocca. La famiglia Pandolfo(Cantina Sant’Andrea) produce vini Moscato da cinque generazioni, dalla fine dell’800, quando gli antenati di Gabriele ed Andrea erano affermati viticoltori nell’isola di Pantelleria. Con il Moscato di Terracina si ricavano inoltre due spumanti, uno secco e uno dolce. Oltre a queste etichette, prodotti di eccellenza dell’azienda sono i vini della Circeo doc. Il più famoso è Sogno. Vino strutturato che si abbina anche con i formaggi stagionati.
Nel 2012 al suo esordio al Vinitaly, Primolupo (Cantine Lupo) ha conquistato la Gran Menzione. In precedenza era il primo vino prodotto dalla Cantina di Aprilia. E’ un Merlot in purezza, vinificato tradizionalmente, in vasche di acciaio, con rimontaggi due volte al giorno e délestage. Il 40 per cento matura in barrique per un periodo di 10 mesi. Un mese prima dell’imbottigliamento, il vino viene travasato, filtrato e aggiunto al prodotto maturato in vasca e viene fatto affinare in bottiglia per almeno altri 6 mesi. Caldo, avvolgente e con una buona struttura, si sposa bene con arrosti e formaggi stagionati.
Accanto al Merlot quest’anno la cantina presenta altri due vini. Il Vermentino Terra Marique e Rosa Merlot, come lascia intuire il nome, un rosato. L’azienda si trova a Campoverde di Aprilia e si estende per 26 ettari. E’ una realtà produttiva giovane, i primi 10 ettari sono stati acquistati dai proprietari nella prima metà degli anni Novanta. I vitigni presenti, dopo un lungo studio sulle caratteristiche pedoclimatiche, sono stati sostituiti con varietà internazionali come il Merlot, il Syrah e il Viognier.
La cantina Villa Gianna si trova, invece, nei pressi di Sabaudia, a Borgo San Donato. Coltiva vigneti di 40 ettari e produce diversi vini e uno spumante Charmat. Tra gli altri prodotti della cantina Villa Gianna merita una citazione particolare il Barriano, premiato più volte. È un rosso le cui uve sono raccolte nella zona del sotto colle pontino e viene ottenuto tradizionalmente con uve Merlot, Montepulciano, Cabernet e Sangiovese.
Particolare menzione merita l’Azienda Agricola Casale del Giglio: il suo vino di eccellenza, Mater Matuta ottenuto con uve Syrah e Petit Verdot, invecchia in barrique per 22-24 mesi e riposa poi per altri 8 mesi in bottiglia, prima di essere commercializzato. Ha una longevità di oltre 10-12 anni. Di colore rosso granato, lascia trasparire uno splendore insolito, come la luce mattutina con la quale veniva identificata la divinità di cui porta il nome: Mater Matuta, dea, appunto, dell’aurora. Sulla tavola lascia il segno, per la rara eleganza e lo spessore. Si esalta con carni e formaggi stagionati. È il leader indiscusso dei vini sperimentali della Casale del Giglio, che, oltre a questo rosso, produce altri vini, frutto di un progetto di ricerca viti-enologica avviato nel lontano 1984, con il quale introdusse localmente modelli viticoli della zona di Bordeaux e della California, regioni esposte all’influenza del mare come la pianura pontina. Alcuni nomi di questi vini rimandano alla storia della terra da cui provengono: a Satricum, ad Albiola, ad Antinoo, a Madreselva, a Sanpotito. E uno degli ultimi vini prodotti porta il nome di Aphrodisium, un villaggio rutulo appartenente alle comunità laziali dell’Agro Pontino.
Riccardo Marini