Franco Guarino Esploratore oggi
L’avventura capita, ma non la cerco. Meglio un’esperienza, ma senza problemi. Ho passato la vita tra il bello e il brutto, il dolce e l’amaro, l’antico e il moderno, tra il facile e il difficile, la paura e la felicità, ma soprattutto tra il noto e l’ignoto. Sono Franco Guarino, oggi ultra sessantenne dal fisico robusto e asciutto, due figli da donne diverse, tarantino di nascita, cittadino del mondo. Il mio primo viaggio a 15 anni, in bicicletta, con il compagno di banco. Da Torino a Marrakesh, in Marocco! “Una bella pedalata,” avrebbe detto il Manzoni in questo caso!
Fin da quando l’Homo sapiens partì dall’Africa 60 mila anni fa, la nostra cultura è stata plasmata nel tempo dall’incontenibile desiderio di viaggiare verso l’ignoto. Questa è la vera molla che dalla notte dei tempi ha spinto e spinge tuttora l’esploratore verso terre sconosciute, nei piccoli e grandi spazi, per nuove scoperte dentro e fuori il pianeta. Il vero ruolo internazionale di questa singolare professione, che si avvicina di molto alla missione, riguarda la reciproca conoscenza tra i popoli, la conoscenza degli ecosistemi e la tutela della diversità.
Ai giorni nostri, nell’era dei satelliti artificiali che tutto osservano e cui quasi nulla sfugge, presentarsi come esploratore quanto meno fa sorridere l’interlocutore del momento. Ma gli esploratori esistono ancora, ci sono. Puntigliosi, pazienti, modesti, attenti e silenziosi, disponibili con tutti. Indispensabili per la ricerca di nuove fonti energetiche in terra e in mare, e per la scoperta e il monitoraggio di quei pochi ma eternamente oscuri angoli del pianeta e dei suoi abitanti altrimenti destinati per sempre a sfuggire ai sofisticati occhi e orecchie della più avanzata tecnologia.
Soprattutto nel mondo occidentale, la figura dell’esploratore, intesa nel senso classico del termine, nell’immaginario collettivo è rimasta legata all’escursionismo e a certi viaggi avventurosi. In realtà l’esplorazione è attività umanistica con missione scientifica. Le caratteristiche principali di un esploratore sono molte, alcune uniche, a volte, se non spesso, incomprensibili dalle varie culture nelle sue motivazioni. Oltre alla sete di conoscenza, è necessario crearsi un equilibrio psicofisico adatto a molte e diverse condizioni, innanzi tutto geografiche, climatiche e culturali. Saper viaggiare con la mente nel tempo e negli spazi cercando di distinguere le varie ere che si differenziano ancora sul nostro pianeta. Soprattutto ben preparati all’arte dello stare insieme, pronti al rapido adattamento e capaci di rispettare usi, costumi e pensieri di tribù che vivono ancora allo stato pro sapiens, distanti anni luce da quanti vivono quotidianamente la sempre più veloce tanto folle corsa post moderna.
L’esploratore deve aver bene impresse nella mente le regole principali che regolano la sopravvivenza fisica, culturale e sentimentale di miliardi di esseri viventi, dall’uomo agli animali, alla vegetazione. Per fare ciò è necessaria una pulizia mentale costante, una vita fondata sul rispetto di tutto quel che ci circonda ed esser sempre pronti alla decisione più razionale e non egoistica. Il viaggio geografico o la ricerca di avventura non è necessariamente il fine della missione. L’andare incontro all’ignoto è il vero viaggio. L’ignoto della mente umana nelle sue molteplici culture. L’ignoto degli animali e delle piante che conservano caratteristiche che l’uomo sta perdendo gradualmente, con l’allontanarsi dalla sua essenza primordiale.
Dopo decenni di missioni e ricerche realizzate nel pianeta al fianco di varie Agenzie delle Nazioni Unite, agli inizi degli anni ‘80 mi son gradualmente avvicinato al mondo delle attività educazionali e dei media, in particolare quelli televisivi del servizio pubblico della Radiotelevisione italiana e Network di copertura mondiale, privilegiando aspetti ecologici, geopolitici e di cultura internazionale. Non sono mancati i reportage nelle zone più difficili e inaccessibili del pianeta, anche tra guerre e criminalità internazionale, dove certo e l’avventura non manca e l’arte della sopravvivenza è il fondamentale obbiettivo. Un’ attività di grandi soddisfazioni e di molte rinunce, che contribuisce a trasformare l’esploratore in nomade che ha la sua casa nel mondo, con riferimenti umani e culturali dalle caratteristiche globali, con l’idea che tutti siamo uguali e amici.
Tra le rinunce che pesano e che nei momenti difficili danno molto da pensare quelle di una vita per così dire normale nel proprio paese, tra consolidate e ataviche abitudini. Manca il rapporto con i genitori, l’assenza di moglie, compagna o fidanzata che sia, il dialogo con i figli, con gli amici. Ma manca davvero, o solo quando si è lontani tra mille disagi e pericoli? Ma nei rari e prima agognati momenti di “quiete” arriva sempre, e all’improvviso, il tempo di partire, senza sapere se e quando si tornerà. E’ la manna che cade dal cielo. Un vortice senza fine, perché di fatto si parte felici pensando al ritorno e una volta rientrati la “quiete” rischia di annientarti. Anche questa è avventura. Una vita piena di tutta, bella, invidiata, ma che al dunque ben pochi sarebbero in grado di sopportare.
E per quei pochi vale davvero la pena farla. Ti arricchisce interiormente e ti appaga il saper parlare con tutti, pieno di voglia di conoscere e imparare, studiare sempre e tenerti aggiornato, trasferendo conoscenze utili agli esseri umani di società e culture diverse, portando messaggi di altri popoli rimanendo imparziali e modesti tra scienza e fede. Tra Abramo e Darwin, per intenderci.
Franco Guarino