Si fa un gran parlare, in questi giorni, del Piano nazionale di ripresa che è al centro dell’attività del Governo . Dalle notizie apprese dai giornali, il Piano di Ripresa si pone i seguenti obiettivi:
1) l’introduzione di tecnologie pulite e l’ampliamento dell’impiego di energie rinnovabili ;
2) accelerare l’utilizzo di tecnologie intelligenti per favorire il trasporto pubblico;
3) incrementare il risparmio energetico;
4) sviluppare in tutto il territorio la banda larga;
5) digitalizzare la Pubblica Amministrazione;
6)migliorare le competenze informatiche nelle scuole e nelle professioni.
Gli obiettivi del Piano si possono ritenere, in linea di massima, congrui al contesto strategico di sviluppo di una moderna economia. Tuttavia, questi obiettivi , tenendo ben presente la paralisi dei partiti e della loro consuetudine al rastrellamento di voti in funzione elettorale, corrono il rischio di disperdersi in mille progettini , diffusi a pioggia su tutto il territorio, per soddisfare le istanze del localismo più becero.
Perché il Piano abbia una reale capacità di produrre ripresa, è bene tenere conto di un dato: dal 2014 al 2020 , i ministeri e le regioni hanno speso 28,5 mldi di euro sui fondi strutturali UE( secondo la Ragioneria Generale dello Stato ,fonte : 24 Ore del 22-9-20 ) pur avendo un ammontare spendibile di 72,5 mld di euro. Restano da investire ben 54,0 mld di euro. A questa cifra del passato, vanno aggiunti gli importi del Recovery fund da impiegare nel periodo 2021-2023. Con tali presupposti la macchina amministrativa italiana è preparata ad affrontare la sfida del Piano di ripresa? Su questo tema la Corte dei Conti europea promette di intervenire a livello nazionale ed è molto rigida. Ha già sollecitato agli Stati membri provvedimenti per facilitare la spesa.
E’ evidente che , per evitare lo “spreco” di ingenti risorse, occorre mobilitare le migliori energie del “sistema Italia” per la formulazione dei progetti e per la loro realizzazione, avendo ben chiaro che, se il piano di ripresa non dovesse inserirsi nei processi virtuosi UE, l’Italia imboccherà la strada della emarginazione e del declino. Al sistema Italia è, quindi, richiesto uno sforzo eccezionale di programmazione degli investimenti e di esecuzione. Per fare questo, vanno risolte in fretta le inefficienze della burocrazia che condizionano in negativo l’attività dei Ministeri e vanno cambiate le norme che allungano i tempi dell’azione amministrativa.