La difficile battaglia della Mogherini dinanzi all’Onu sui migranti, con un’Europa divisa alle spalle

Federica Mogherini affronta uno dei suoi più gravi impegni da rappresentante della politica estera dell’Unione europea. Si tratta del tentativo di farsi concedere dall’Onu il via libera ad intervenire in Libia, anche militarmente se necessario, per smantellare i gruppi criminali che gestiscono la tratta degli esseri umani tra le due sponde del Mediterraneo.

Accorato l’appello della Mogherini alle Nazioni Unite che richiama anche le recenti parole di Papa Francesco in materia di migranti che perdono la vita nel Mediterraneo: “Abbiamo bisogno di contare sul vostro sostegno per salvare vite umane”.

Del resto sono le stesse agenzie dell’Onu a fornire le cifre più crude sulla portata del fenomeno: più di 1.800 i morti in questo inizio del 2015 con un incremento di 20 volte rispetto allo stesso periodo nel 2014. 60.000 coloro che hanno già ogni modo cercato di attraversare il Mediterraneo nello stesso periodo.

La Mogherini ha cercato di presentare un’Europa unita,come forse invece non è, ricordando le recenti conclusioni cui è giunto il vertice straordinario dei Capi di Stato e di Governo in materia di immigrazioni, l’unico nel suo genenere finora. Per primo è stato fissato l’obiettivo di rafforzare l’impegno per la ricerca ed il salvataggio, poi, quello di triplicare le risorse finanziarie indirizzate a tale scopo e, infine, impegnarsi a smantellare le strutture su cui poggiano i mercanti di persone.

In realtà forte è il timore che il vertice, al di là della facciata unitaria di conclusione, abbia sostanzialmente lasciato le cose come erano, caratterizzate da una netta spaccatura tra i paesi rivieraschi mediterranei e quelli del centro Nord dell’Europa. Ognuno ha i suoi migranti ed ognuno si vede le cose a modo suo, pensando ai propri interessi.

Adesso, la Mogherini è impegnata nell’ingrato compito di ottenere il via libera da parte delle Nazioni Unite soprattutto per raggiungere il terzo degli obiettivi fissati dal vertice europeo e cioé la possibilità di identificare, catturare e distruggere le navi di questi moderni schiavisti che tanti lutti stanno provocando nel Mediterraneo.

Secondo quanto trapela dalle cancellerie interessate, Italia, Regno Unito, Francia, Lituania e Spagna stanno lavorando ad una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che, facendo riferimento al capitolo sette della Carta delle Nazioni Unite, autorizzi anche l’uso della forza necessaria, eventualmente, a raggiunge l’obiettivo di interrompere il traffico illegale di immigrati.

Non è, però, ancora chiaro quale sia la formulazione finale attorno cui sia possibile ottenere il via libera internazionale. Anche in considerazione del fatto che il governo libico riconosciuto nel mondo, quello di Tobruk, si è già detto nei giorni scorsi fermamente contrario ad ogni ipotesi di intervento internazionale, a proposito del quale, sia ricordato per inciso, si dichiara persino non informato.

Del resto, nei giorni scorsi lo stesso segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, aveva espresso le proprie perplessità nei confronti di una soluzione militare chiedendosi in quale modo fosse possibile distinguere i barconi dei trafficanti dalle normali barche da pesca che servono ad una buona parte della popolazione libica per sopravvivere.

La Commissione europea intanto sta elaborando una controversa proposta da presentare a tutti i paesi membri dell’Unione Europea secondo la quale ciascuno di loro dovrebbe accogliere i migranti seguendo un ben definito regime di quote con l’obiettivo di raggiungere una distribuzione più equilibrato del peso rappresentato dall’arrivo di migranti che, solo lo scorso anno, secondo le cifre diffuse dalle Nazioni Unite, ha toccato quota 60.000.

La proposta della Commissione dovrebbe contenere anche la definizione di nuove norme per individuare le vie legali che i migranti potrebbero seguire per ottenere il permesso d’ingresso in Europa senza la necessità di rivolgersi, invece, ai trafficanti di esseri umani che spesso organizzano viaggi destinati solo a finire in tragedia, come quelli recentemente conclusi con la morte nel Canale di Sicilia di centinaia e centinaia di persone e che hanno sollevato l’indignazione della pubblica opinione proprio contro l’inattività dei vertici dell’Unione Europea.