Le torri telefoniche più che mai un business. Arriva la Inwit che si presenta reticente

Le torri telefoniche più che mai un business. Arriva la Inwit che si presenta reticente

Quante sono le antenne telefoniche in Italia? Nessuno lo sa con esattezza. Dove sono collocate? Anche questo non lo si trova scritto da nessuna parte, ma se andate sul Opensignalmaps riuscirete a vedere almeno come la zona in cui vi vivete è servita da uno dei numerosi operatori telefonici presenti e ad avere un’idea su quella che è chiamata “copertura” del segnale.

Non è neppure molto facile capire se le diverse compagnie della telefonia mobile, in realtà quasi tutti poi offrono anche i servizi di terra con telefonia tradizionale e Adsl, si fanno una vera e propria concorrenza o se, invece, tutto finisce a tarallucci e vino, con buona pace di quegli ideali liberali cui dicono tutti gli imprenditori italiani di ispirarsi.

Questo dubbio resta se si va a vedere qual è la compagine sociale di una nuova società per azioni appena nata e che, pochi giorni fa, ha visto paracadutare al suo vertice un nome importante davvero.

Parliamo della Inwit che sta per Infrastrutture Wireless Italiane. E’ una costola della Telecom finita in Borsa per fare un mestiere particolare: gestire tutte le antenne che in questi anni sono state impiantate dalla prima compagnia telefonica italiana.

Si tratta di 11.591 tra torrioni, irradiatori di segnali e antenne che, più pudicamente e neutralmente, la Inwit chiama sul suo sito Internet “siti”; come se si trattasse di luoghi indefiniti, quasi eterei e non di “vili” tralici.

Si tratta di un numero consistente, a ben pensarci. Anche perché l’Italia ha una conformazione tale che forza il grosso della popolazione a dislocarsi su di una porzione davvero ristretta del territorio. Circa il 30 %, visto che il restante è fatto di colline e di montagne.

Questa Inwit è ai primi vagiti perché nasce il 14 gennaio 2015. Viene alla luce sotto le cure premurose di un signore che sa il fatto suo.

Si tratta di Oscar Cicchetti, uomo d’Abruzzo e di sinistra. Grande esperienza nel mondo della telefonia. Basta pensare che, lasciati da poco i calzoni corti, ha cominciato con una società dal nome Sip. Archeologia industriale. Ma anche sinonimo dei tempi d’oro dell’Italia intenzionata a crescere in tutti i settori, anche quelli tecnologicamente più avanzati, nel momento in cui si doveva consolidare il boom avviato con gli anni ’60.

Cicchetti non nasconde di essere vicino ai comunisti dei Ds, poi del Pd. In particolare all’uomo che più di tutti ha coltivato i rapporti della sinistra con cooperative ed aziende pubbliche e private: Massimo D’Alema. La cosa lo aiuterà fino a quando in Telecom, D’Alema Presidente del Consiglio, arriva Colaninno. Poi, l’addio.

Il manager torna adesso ad alti livelli nel mondo Telecom dopo che Tronchetti Provera lo aveva cacciato non appena era riuscito ad impadronito del gigante della telefonia italiana in virtù della folgorante ascesa politica di Silvio Berlusconi.

Pochi giorni or sono, il 18 maggio, Cicchetti viene affiancato al vertice della Inwit dall’importante personaggio che dicevamo: Francesco Profumo.  Il banchiere, dopo essere stato in Paradiso e all’Inferno con Unicredit e Monte dei Paschi, nel senso che in entrambi i casi ha vissuto alte temperature ed è andato vicino allo zero assoluto Kelvin, Profumo va a cimentarsi con una società destinata a collocarsi in un punto di snodo fondamentale per uno dei settori più avanzati dell’oggi e, ancor di più, del domani.

Quello, appunto, delle torri della telefonia mobile destinate a trasformarsi in qualcosa d’altro grazie alle nuove prospettive della tecnologia. A partire, tra l’altro, del passaggio su di loro anche di una buona parte del traffico cosiddetto di terra, cioè quello dei telefoni e della trasmissione dati di casa e di ufficio.

Inwit è una società dunque molto giovane, abbiamo detto ai primi vagiti. Questo forse spiega perché il sito Internet di presentazione appare scarno se si va oltre tutte le frasi infarcite di un inglese abbastanza banale e scontato. Il suo può apparire un sito web persino reticente, perché assolutamente vuoto, su alcuni punti cruciali che, invece, avrebbero dovuto essere pieni zeppi di spiegazioni e di rassicurazioni. Per chi?  Per un pubblico che, mentre vuole continuare ad usare il telefonino, s’interroga continuamente sulle conseguenze per la salute, soprattutto quando guarda sui tetti le antenne telefoniche sorte in maniera assolutamente selvaggia negli ultimi tempi. Al punto che è oramai assodata l’esistenza di una nuova forma di inquinamento: l’elettrosmog.

Inwit, tutto ciò lo si capisce benissimo. Anche da come ha costruito il sito, si vede che sa benissimo di doversi mettere in prima fila su queste questioni. Del resto, un po’ dappertutto stanno spuntando comitati spontanei di cittadini sempre più agguerriti e sempre più contrari all’istallazione di nuove antenne. Soprattutto, quando si tratta di enormi torrioni che già spaventano solo a vederli svettare fino a 40, 50 metri d’altezza.

Così, nella sezione Responsabilità sociale del sito c’è solo molto fumo e poco arrosto, ammannito ovviamente da più inglese possibile, e paradossalmente le immagini sono quelle di un vigneto e di un antico borgo senza neppure la possibilità d’intravedere una di quelle antenne che, pure, costituiscono l’unico, possente patrimonio della Inwit.

Restano, poi, assolutamente vuote anche altre sezioni che, dal titolo, sembrano cruciale per la “mission” di questa potente società. In particolare quello, di cui per ora si conoscono solamente i nomi dei tre componenti, intitolato Comitato per il Controllo e i rischi. Ammesso che i rischi siano quelli cui ci riferiamo tutti noi e sui quali speriamo solamente di scoprire che i nostri timori non sono assolutamente fondati.

Concludendo questa prima “navigazione” nel sito della Inwit ritorniamo brevemente all’accenno iniziale relativo al quesito sui reali rapporti che intercorrono tra le diverse compagnie telefoniche. Già basta l’esperienza quotidiana per dirci che la sana concorrenza tra di loro è spesso solamente una chimera. Andando alla composizione societaria della Inwitt si vede che se l’81 % è della Telecom, il 17 % se lo spartisce la concorrenza, cioè Vodafone, Wind e 3. Cosa vuole dire? Vedremo.

Giancarlo Infante