Le comunicazioni al Parlamento del Presidente dei Consiglio dei Ministri in vista del Consiglio europeo del 29 e 30 giugno hanno reso evidente, ancora una volta, la mancanza di una visione d’insieme sul fenomeno migratorio.
Prevale una concezione della politica migratoria dominata dall’ideologia della sicurezza nonostante che molti eventi ne mettano in dubbio l’efficacia se non proprio anche la ragionevolezza.
Così si continua nella falsa narrazione secondo la quale il fenomeno si governerebbe alzando barricate ai confini, aprendo la borsa per finanziare i paesi confinanti o di transito perché respingano o si facciano carico dei migranti e affidandosi al c.d.“Piano Mattei” , senza che si intravveda all’orizzonte qualcosa che si assomigli al vero “Mattei” e invocando la distinzione dei migranti economici da chi ha diritto alla protezione internazionale come “ il vero nodo della questione “ migratoria.
In Europa, nonostante le numerose direttive riguardanti gli immigrati, le cose non stanno diversamente. Nessuna politica comune dell’immigrazione (e neppure dell’asilo) ispirata alla solidarietà è stata adottata, in assenza di accordo dei governi degli Stati membri.
Il caso italiano è emblematico: inasprimento delle pene nei confronti degli “scafisti”, semplificazione delle procedure per l’esecuzione dei decreti di espulsione, costruzione di nuovi centri di permanenza per i rimpatri, limitazione dell’applicazione della protezione speciale riconosciuta agli stranieri che hanno imparato l’italiano e lavorano etc… mentre l’ingresso legale in Italia è limitato al “decreto flussi” per l’ingresso di lavoratori .
E a nessuno che venga in mente di metter mano alla legge Bossi-Fini,vero nodo della questione!
Eppure vi sono esempi importanti come i corridoi umanitari e la solidarietà di fronte all’emergenza dei profughi ucraini.
Questo approccio, però, trova anche l’Europa cieca e sorda. Gli Stati membri non riescono ad andare oltre la logica del Regolamento di Dublino che dimentica la solidarietà europea e scarica la gestione del “ problema” sui pochi paesi di primo ingresso. Eppure, gli stessi Paesi europei concordano nel sostenere le ingenti spese per sostenere la Turchia e la Libia e ora anche la Tunisia.
Eppure, in questo desolante contesto, si parla molto della necessità di “governare” il fenomeno ma le soluzioni prospettate denotano scarsa conoscenza del problema, delle sue radici e delle sue tendenze al punto che non meraviglia la povertà del dibattito pubblico che oscilla tra chiusure xenofobe/ razzistiche e approcci emotivi/romantici.
Sfugge così la portata dirompente del fenomeno che impone costi umani , sociali ed economici davvero insopportabili.
Alla semplicistica demagogica distinzione tra migranti economici e aventi diritto alla protezione internazionale, invocata a gran voce dalla Presidente del Consiglio dei Ministri, noi contrapponiamo un diverso approccio, che tiene conto della complessità del fenomeno, secondo cui occorre:
Ricordo che i profughi dall’Ucraina:
Primo Fonti