Ora l’ex presidente Viktor Yanukovich è ricercato per strage. In un tempo decisamente da Guinness dei primati la “rivoluzione” in Ucraina ha letteralmente cambiato la faccia del paese: deposto il presidente, cambiati premier, governo e lingua ufficiale della nazione che è tornata dopo due anni all’ucraino al posto del russo, indicendo anche nuove elezioni presidenziali per il prossimo 25 maggio. Scusate, ma non è davvero poco. Ma intanto a Kiev occorrono almeno 35 miliardi di dollari per evitare la bancarotta.
L’ex presidente Yanukovich e i suoi fedelissimi, che non si sa dove si siano rifugiati anche se c’è che si dice sicuro che si trovino in Crimea, sono ricercati dalla magistratura. Sono tutti accusati di strage per l’uccisione di massa di più di un centinaio di civili ucraini. Lo ha annunciato il nuovo ministro dell’Interno ad interim, Arsen Avakov, vicinissimo alla leader Yulia Tymoshenko, liberata due giorni fa dal carcere-ospedale dove si trovava rinchiusa dall’agosto 2011.
Intanto a Kiev i leader di quella che fino a poco fa è stata l’opposizione ucraina sono impegnati nelle grandi manovre per cercare di dare un assetto stabile al governo, mentre Russia e potenze occidentali, tutti molto preoccupati, affilano le armi nell’attesa che la situazione si definisca in un senso o in un altro. I più preoccupati sono i Russi. La situazione in Ucraina “rappresenta una minaccia per i nostri interessi e per la vita dei nostri cittadini”, ha detto il premier russo Dmitri Medvedev che ha richiamato il proprio ambasciatore da Kiev e ha congelato i 15 miliardi di aiuti promessi in attesa di capire gli sviluppi della vicenda.
Stati Uniti e Gran Bretagna, temendo qualche “colpo di mano” di Mosca se la questione ucraina prendessa una piega desisamente contraria agli interessi del Cremlino, chiedono ripetutamente a Vladimir Putin di non considerare l’uso del ricorso alla forza per la riconquista del potere a Kiev, dato che l’Ucraina è considerata strategica come “contrappeso” al mondo occidentale.
Riccardo Marini