Che la sera del 27 giugno 1980 nel cielo del sud del mar Tirreno ci fosse un intenso traffico aereo è cosa da sempre risaputa, come pure che i movimenti, all’epoca per lo più almeno non ufficialmente registrati, fossero tutti amici, ovvero friendly”, come in gergo si dice, era altrettanto noto. Anche se per “coprire” il misfatto dell’abbattimento del Dc 9 Itavia Bologna-Palermo che costò la vita a 81 persone si inventò di tutto, compresa la favoletta della presenza dell’aereo personale di Gheddafi che sarebbe stato il vero fallito bersaglio di una criminale operazione.
E all’altra “favoletta” dell’esercitazione simulata che avrebbe distolto i militari alle consolle dei radar di Marsala perché impegnati appunto nell’esercitazione proprio nei minuti della ancor oggi misteriosa esplosione a fatica in tanti fecero finta di credere, tra gli incredibili dubbi di tanta sfortunata coincidenza. Eppure così fu, e l’ostinata scusa della “Synadex”, come si chiamava l’increbile nastro inserito in quegli attimi fatali per l’addestramento dei controllori del cielo al momento in servizio, fu sempre avvallata e purtroppo mai smentita dai presenti, se non da bubbi e mezze frasi di qualcuno poi prontamente rientrati.
E’ un maresciallo dell’Aeronautica militare, da tempo pensionato, responsabile nel 1980 in Sicilia addirittura del 35 esimo GRAM di Marsala, la sede del centro radar del controllo militare, che ha deciso di “vuotare il sacco”. Solo perché infuriato con la sua vecchia Amministrazione di appartenenza rea, a suo dire, di avergli negato scatti di carriera e avanzamenti di grado, nemmeno ottenuti dalle successive sentenze di Tra e Consiglio di Stato a cui era ricorso ma senza ottenere ragione. Non, dunque, perché mosso da sensi di colpa e pentimenti anche se di molto “a posteriori”. Solo rancore, e basta.
Che dice ora il maresciallo che ha tenuto la bocca ben cucita per 35 anni e che dopo i No di Aeronautica e magistrati amministrativi ha scritto a Presidente della Repubblica e ministro della Difesa senza neppure
Ai giudici i radaristi avevano riferito che l’esercitazione era stata “attivata”. Ma il maresciallo Sardu oggi racconta: “In quel momento, qualche minuto prima della caduta dell’aereo, tutto il traffico era friendly. Il settore, che dipende dal Terzo Roc di Martina Franca, in Puglia, ci disse non seguiteli più. Volevano che seguissimo le tracce in penetrazione, ovvero di aerei non Nato, perché quelle che avevamo identificato erano tutte di amici. Quando facevamo l’esercitazione, cosa che accadeva almeno una volta alla
Proseguendo nel racconto, “Moro” spiega che un caccia, notoriamente più piccolo di un velivolo civile, sia più difficile da identificare, e per essere certi di poterlo fare, è necessario l’inserimento di tre diversi tipi di codici. “Più basso vola, meno possibilità ha di esser visto dal radar”, spiega meglio il maresciallo Sardu, in un racconto tuttavia molto tecnico ma anche decisamente confuso per un non addetto ai lavori. “E poi, non sono solo i caccia a lanciare i missili, ma anche le navi – si premura di precisare – quindi non dirò che non c’erano altri velivoli. C’erano eccome, ma erano tutti friendly”…Altro che minestrone, siamo alla ribollita.
Enrico Massidda