Del grandioso cinema muto stiamo progressivamente perdendo le tracce. Proprio come accade nel celebre capolavoro di Billy Wilder Viale del tramonto, dove Gloria Swanson fa il canto del cigno, le star nate prima dell’avvento del sonoro sono sempre più minacciate dall’implacabile polvere dell’oblio. Che ne è della vamp americana Theda Bara o della nostrana Francesca Bertini? In quale angolo buio della nostra memoria sono finite queste magnifiche creature infuocate, strazianti e fatali? Eppure Kenneth Anger nel suo smaliziato Hollywood Babilonia ci racconta di vite più che mai attuali, di scandali, tormentoni e amori proibiti al cui confronto le storie degli attori di oggi sembrano quelle di mansuete pecorelle timorate di Dio.
Nella lotta contro il tempo ed i suoi malefici è fortunatamente intervenuta la Cineteca Nazionale insieme alla Cineteca Italiana di Milano, al Museo Nazionale del Cinema di Torino e alla Cinémathéque Suisse di Losanna. Grazie alla sinergia tra queste istituzioni è stato infatti possibile il restauro di una gemma del cinema muto Il ponte dei sospiri di Domenico Gaido. Un’epopea passionale e romantica prodotta nel 1921, oltre 5 ore di pellicola, oggi finalmente fruibile presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Tratto dal romanzo Le pont des soupirs di Michel Zévaco del 1901, il film racconta tradimenti e cospirazioni nella Venezia del 1500. Il protagonista è Luciano Albertini, attore allora molto amato dal pubblico, considerato un Douglas Fairbanks all’italiana. Personaggio eclettico, all’inizio del secolo è culturista e acrobata per poi diventare perfino produttore cinematografico. Albertini interpreta Rolando Candiano, il figlio del doge di Venezia che viene arrestato poco prima delle nozze a causa di un tradimento, ma che riesce a evadere saltando in laguna dal ponte dei sospiri grazie alla complicità del bandito gentiluomo Scalabrino.
Il ponte dei sospiri, è presente nei tamburini dei giornali di tutt’Italia fino alla fine del muto e oltre. Nel 1925 risulta il quinto film nella classifica della popolarità e, nei risultati del concorso della rivista torinese Al cinemà, il film di maggior successo degli anni ’20 in Italia. Venne esportato in tutta Europa, in Unione Sovietica e nelle Americhe. Un salvataggio prezioso, un pezzo di storia del nostro paese che abbiamo assicurato alle generazioni future.
Beatrice Zamponi