La Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo “bacchetta” l’Italia. E’ diritto dei genitori dare a figli il cognome che preferiscono, ovvero anche quello della sola madre. Per i giudici “servono riforme per rimediare alla violazione”. Fino a oggi, in Italia, era possibile soltanto aggiungere la denominazione materna, ma non sostituire quella della famiglia del padre. La decisione della corte eurpea è giunta dopo la presentazione di un ricorso da parte di una coppia di coniugi di Milano, Alessandra Cusan e Luigi Fazzo, alla quale l’anagrafe del capoluogo lombardo, di fatto lo stato italiano, avevaha impedito di registrare la figlia Maddalena, nata il 26 aprile 1999, con il cognome materno anziché con quello paterno.
Dopo essersi pronunciata nel 2006 sostanzialmente favorevole a un adeguamento, nel 2008 la Cassazione, a seguito all’approvazione, il 13 dicembre 2007 del Trattato di Lisbona in cui anche l’Italia, come tutti gli attuali 28 Stati membri dell’unione, ha il
Poi, nel 2012, un altro tassello nella direzione dell’aggiunta del cognome materno a quello del padre, ma non della sostituzione. Con il decreto del presidente della Repubblica del 13 marzo 2012 a modifica un precedente decreto del 2000, infatti, le competenze sono passate dal ministero dell’Interno alle singole prefetture con l’obiettivo di snellire le procedure burocratiche e garantire tempi più rapidi. Ma oggi i giudici di Strasburgo nella loro sentenza sottolineano che questa possibilità di “aggiunta” non è sufficiente a garantire l’eguaglianza tra coniugi. Pertanto, per i giudici europei, l’Italia “deve adottare riforme” legislative o di altra natura per rimediare alla violazione. La sentenza della Corte per i diritti dell’uomo emessa a seguito del ricorso dei coniugi di Milano sarà definitiva fra 3 mesi.
Veronica Gabbuti