Corte dei Conti se ne accorge oggi: tutte le leggi che erogano soldi ai partiti sono contrarie al referendum del 1993.

La Corte Conti parte lancia in resta contro tutte le leggi che, a partire dal 1997 hanno reintrodotto il finanziamento pubblico dei partiti. Si è andati contro i risultati del referendum dell’aprile 1993. Verrebbe da chiedersi subito dove è stata anche la Corte dei Conti in questi vent’anni, ma rischieremmo solo di avviare una polemica sterile.

E’ stato il Procuratore del Tribunale dei giudici amministrativi, De Dominicis, a comunicare la notizia ai giornalisti a margine dell’udienza di parificazione del rendiconto della Regione Lazio comunicando che la decisione- è stata presa sviluppando l’indagine a carico di Luigi Lusi, ex amministratore-tesoriere del partito “La Margherita”.

De Domicis ha  ricordato che il referendum di vent’anni fa  “fornì una risposta decisamente negativa in relazione alla persistenza delle erogazioni di contributi statali a beneficio dei partiti politici e dei movimenti e/o gruppi ad essi collegati”, e pertanto tutte le leggi votate fino al 2012 che, in qualunque forma prevedevano l’erogazione di soldi ai partiti  “sono da ritenersi apertamente elusive e manipolative del risultato referendario, e quindi materialmente ripristinatorie di norme abrogate”.

Il procuratore De Dominicis ha sostenuto inoltre che molte delle regole introdotte fino ad oggi si configurano come ”violazione del principio di parità e di eguaglianza tra i partiti e dei cittadini che, per mezzo dei partiti stessi, intendono partecipare alla vita democratica della Nazione. Infatti, i rimborsi deducibili dal meccanismo elettorale risultano estesi, dopo il 2006, a tutti e cinque gli anni del mandato parlamentare, in violazione del carattere giuridico delle erogazioni pubbliche, siccome i trasferimenti erariali, a partire dal secondo anno, non solo si palesano come vera e propria spesa indebita, ma assunti in violazione del referendum dell’aprile 1993″.

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