Obama chiama al telefono, e parla 15 minuti, con il neo Presidente dell’Iran, Hassan Rouhani. L’ultima telefonata tra i massimi leaders di Washington e Teheran risale al 1979, quando ancora lo Scia non era stato costretto alla fuga dagli hayatollah di Komeini.
Se sono rose fioriranno. E’ indubbiamente ancora tropo presto per lasciarsi andare ad eccessivi ottimismi. Barack Obama e Hassan Rouhani, però, da quanto ha riferito direttamente il Presidente Usa, avrebbero impostato i primi colloqui diretti da tenere tra i propri rappresentanti.
Sul tappeto, in primo luogo, l’annosa questione del nucleare iraniano. Ma non solo, visto che Medio Oriente, con i tentativi di accordo tra Israele e palestinesi, lotta al terrorismo islamico, Afghanistan, assetto futuro della Siria, e in parte anche del Libano, finiscono per chiamare in ballo anche il ruolo e la presenza dell’Iran.
Un Iran che, dal 1979 in poi, si è di fatto autoescluso dal contesto internazionale. Da un lato, era entrato in diretto urto con gli Stati Uniti per la questione degli ostaggi dell’ambasciata Usa di Teheran, detenuti per mesi e mesi dopo l’assalto della sede diplomatica nella capitale iraniana.
Poi, è arrivata ancora più esplosiva, se possibile, la questione dello sviluppo del progetto sul nucleare la cui conseguenza é stata anche una serie di ulteriori appesantimenti dell’embargo economico e commerciale decretato dal resto del mondo.
Con l’arrivo al potere di Rouhani, dopo forti resistenze da parte delle forze oltranziste interne, sembrerebbe dunque giunto il momento di una vera svolta per un paese estremamente ricco, ma impossibilitato, di fatto, ad utilizzare le proprie potenzialità. Ai tempi della caduta dello Scia, si disse che il Bazar di Teheran, cioè il mondo finanziario ed economico più importante del paese, aveva deciso per il cambiamento. Allora fu un cambiamento traumatico e violento.
Adesso, di segno opposto, sembra più felpato, ma concretizzato su questioni da cui potrebbero derivare novità significative non solo per la popolazione iraniana, ma anche per l’intero Medio Oriente e per il Golfo Persico.
Obama, così come ha fatto qualche giorno fa sulla Siria, commentando l’accordo raggiunto con la Russia sullo smantellamento dell’arsenale chimico di Damasco, ha ricordato che non bastano solo le buone intenzioni: “Il test sarà quello delle azioni significative, trasparenti e verificabili che possono portare anche ad una riduzione delle sanzioni internazionali attualmente in vigore”.
Rouhani ha portato nei giorni della sua presenza all’Onu un linguaggio completamente diverso da quello del suo predecessore , Mahmoud Ahmadinejad. Il Presidente iraniano è apparso estremamente fiducioso: “Passo dopo passo, ci potrà costruire la fiducia tra i nostri presidenti ed i nostri paesi. Con sufficiente volontà da entrambe le parti, ed assicuro che dalla parte dell’Iran la volontà è al 100 per cento, il dossier nucleare sarà risolto in un breve periodo di tempo”.
Una fonte statunitense ha fatto sapere che Obama ha chiamato Rouhani dopo aver informato del suo passo sia i leaders del Congresso, sia il Governo Israeliano.
John De Giorgi