Mobilitazione di sindaci per togliere le prostitute dalle strade. Riaprire i “casini”, ipocritamente chiamati in Italia “case chiuse”, è la parola d’ordine lanciata da un gruppo di sindaci di diverse zone del Paese. Il “via”, in tutti i sensi, a un Referendum abrogativo di parte della da sempre tanto discussa “Legge Merlin” del 1958 parte dal Veneto, e in particolare da un piccolo comune, Mogliano Veneto, in provincia di Treviso, in cui il sindaco leghista Giovanni Azzolini, hainteso esaudire le pressioni dei cittadini stanchi di vivere un vero e proprio assedio di puttane di ogni provenienza, oltretutto di frequente portatrici di gravi malattie. Referendum che lascierebbe tuttavia intatte quelle le norme che puniscono lo sfruttamento. Appello immediatamente raccolto da altri sindaci di diverse regioni, sinora fino all’Abruzzo. Ma la missione, nonostante l’apprezzamento generale, appare oltremodo difficile: 500 mila firme valide da raccogliere entro la fine di settembre non è davvero cosa facile.
La campagna del “via delle prostitute dalle strade”, o del “salviamo i nostri marciapiedi”, è da poco partita masta avendo un gran successo. L’iniziativa si è rapidamente diffusa a livello nazionale, con centinaia di “banchetti” per la raccolta firme. Gli ultimi aderenti, in ordine di tempo, a questo singolare
Il mercato del sesso in Italia è, si sa, un business colossale che muoverebbe ben 9 milioni di clienti, 5 miliardi di euro e 70 mila prostitute. E nel nostro Paese, come detto, i bordelli non hanno mai davvero chiuso, semmai, adeguandosi ai tempi, hanno assunto nomi innocenti e collocazioni spesso “singolari”. La fantasia mai come in questi casi aguzza assai l’ingegno.
La “cacciata dai marciapiedi” viene cassata senza rigiri di parole da Pia Covre, del Comitato per i diritti civili delle prostitute: “Si tratta di un’iniziativa poco seria, che non coglie la complessità del fenomeno e rischia di risolversi in un ennesimo spot politico. Ne riparleremo quando arriveranno a 250 mila firme”.
Enrico Massidda