La Procura della Repubblica di Roma indaga sulle modalità di espulsione di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako Ablyazov riportata contro la sua volonta nel proprio paese assieme alla figlioletta di sei anni dopo un’assurda operazione di polizia degna della cattura di Bin Laden. L’inchiesta è scattata sulla base di una relazione del Presidente del Tribunale di Roma che aveva rilevato per l’occasione una serie di anomalie e di omissioni e, soprattutto, una “fretta insolita ed anomala della polizia” nelle operazioni di rimpatrio forzato di madre e figlia e la mancanza di atti che in un primo momento avevano tratto in inganno il magistrato. In Procura si sarebbero svolti alcuni interrogatori al riguardo, e un’alta dirigente della Prefettura di Roma sembra sia stata iscritta nel registro degli indagati. Non si tratterebbe di dolo nè di ipotesi di reato, ma solo della necessità di accertare circostanze e tempistiche ancora poco chiare e contraddittorie.
Il presidente del Tribunale era stato incaricato dal ministro Annamaria Cancellieri di indagare sull’operato svolto dal giudice di Pace, Stefania Lavore, che convalidò il 31 maggio scorso il trattenimento al Cie di Ponte Galeria di Alma Shalabayeva. Le indagini aavrebbero rilevato l’assoluta correttezza dell’operato del giudice, ma non quella del dirigente dell’ufficio immigrazione della Questura che sarebbe stato addirittura “introvabile” nei momenti più caldi della delicata decisione. Il “caso”, come si sa, ha già provocato le dimissioni del capo di Gabinetto del ministro dell’Interno, Giuseppe Procaccini e forti tensioni all’interno dello stesso Governo, con una mozione di sfiducia, respinta dal Parlamento, al titolare del Viminale, Angelino Alfano.
Antonello La Monaca