Domenica 2 Giugno, festa della Repubblica, all’insegna del dichiarazionismo politico a piede libero. Se già, ogni giorno, i politici parlano così come loro gira, questo 2 Giugno è proprio all’insegna della giornata senza vincoli e senza remore. Hanno parlato un po’ tutti. Di così tante cose che il cronista fa fatica, davanti allo schermo bianco del computer, a trovare il punto da cui partire. Di sicuro, non sa dove andrà a finire.
Partiamo dalle cose istituzionali. E’ stata una giornata importante per l’Italia. Con una Roma baciata dal sole dopo una settimana più degna di Marzo che del Giugno in arrivo. Una Capitale divisa tra la sfilata della giornata della Repubblica, ai Fori Imperiali, ed il richiamo della festività del Corpus Domine a San Pietro, dove Papa Francesco ha richiamato le solite decine di migliaia di persone.
La festa del 2 Giugno è tutta all’insegna del risparmio. Parecchio si è sentito dire sul poco più di un milione di Euro speso contro i circa 12 milioni dello scorso anno. Andando al sodo, però, si citano solo le assenze delle Frecce Tricolori e i Corazzieri costretti a farsi tutti Fori Imperiali a piedi. Non deve essere stata una cosa simpatica, per loro.
Un festa, dunque, all’insegna della retorica, ma, fortunatamente, non c’è solo quella. Perché è stata comunque una festa di popolo. Ai Fori, come è nostra tradizione, non si è festeggiata né si è esibita la nostra potenza militare. Bensì si è ricordato la nascita della Repubblica.
L’omaggio alle Forze Armate sta anche a ricordare gli uomini caduti perché potesse nascere il nostro attuale assetto democratico e repubblicano. Un inchino per le migliaia di militari uccisi dopo l’8 Settembre del 1943. Quelli di Cefalonia, per esempio. O quanti, nei campi di concentramento tedeschi, rifiutarono l’arruolamento offerto dai nazisti, tramite quello formale con la Repubblica Sociale di Mussolini. Oltre ad essere stanchi di guerra, volevano riscattare l’onore del Paese.
L’hanno subito ascoltato! Enrico Letta ha pensato bene, proprio alla vigilia della Festa della Repubblica parlamentare, scelta dal referendum degli italiani del ‘46, di parlare di elezione diretta del Presidente della Repubblica. Cioè di un’ipotesi che porterebbe al superamento di quel tipo di Repubblica. Niente di male, per carità, ma ne vogliamo almeno discutere nel Paese? Ma lui parlava a braccia con dei giornalisti e, quindi, forse, le sue erano considerazioni estemporanee. Cose dette a braccio. Così, in molti si sono precipitati a far sapere in giro che, in realtà, si tratterebbe di un qualcosa chiamato “semipresidenzialismo”. Altri, abbiamo ascoltato alla radio il fedelissimo di Enrico Letta, onorevole Francesco Boccia, sottolineano che il Presidente del Consiglio “ha fatto bene a porre un problema”.
Boccia e tutti gli altri vicini ad Enrico Letta sanno benissimo che quasi tutto il Pd non ci pensa neppure a prendere in considerazione l’ipotesi presidenzialista.
Il Vice Presidente del Consiglio, l’onorevole Angelino Alfano del Pdl, però, ha subito preso al volo l’occasione per dirsi felice di una così forte sintonizzazione, proprio sulle stesse lunghezze d’onda con il Pd. Lui sa benissimo che, a tirare in ballo tutto il partito di Enrico Letta sul presidenzialismo, si allarga un po’ troppo. Male che vada, però, sposta anche tra le fila degli alleati/avversari un po’ di quella turbolenza che il Governo di cui fa parte, così autorevolmente, ha provocato nel centro destra.
In effetti, si sente subito del gracchio sulla linea: disturba non poco le convergenze radio. La conferma che la maggioranza dei democratici non é affatto dell’idea. Vedremo! Intanto, prendiamo atto, e la cosa non può non far piacere, che a Palazzo Chigi il sodalizio Letta-Alfano funziona. La cosa è importante e non deve essere sottovalutata. Soprattutto se sarà indirizzata su provvedimenti utili alla ripresa economica del Paese.
Un ultimo sforzo, perché ci sono altri due elementi da registrare. A Bologna, Stefano Rodotà che cerca di non polemizzare più con Grillo, Gustavo Zagrebelsky, Roberto Saviano, e tanti altri, si sono incontrati per condividere la preoccupazione sul rischio che potrebbe venire alla democrazia dalla decisione di lasciar finanziare i partiti solo dai privati.
Infine, Susanna Camusso. La leader della Cgil ha subito una pesante contestazione da chi ritiene che il recente accordo siglato tra Confindustria e sindacati costituisca l’anticamere della fine del diritto di sciopero. Cosa che la Susanna Camusso ha escluso tassativamente.
Come si può vedere, in giornate come queste si parte per scrivere due righe e poi….
Giancarlo Infante