I britannici stanno colonizzando nuovamente gli Stati Uniti. Una vendetta postuma si sarebbe tentati ironicamente di dire. Loro non rispondono alla provocazione e vanno avanti, partendo dalla testa. Cioè dai media, ai cui più alti posti di controllo sembra stia avvenendo una vera e propria invasione. Occupano tutti gli spazi più importanti, si tratti di informazione o di intrattenimento.
Non c’é più un giornale, una radio o una televisione in grado di andare avanti se non è guidata o fortemente influenzata da un dirigente, un giornalista, da un uomo di spettacolo o un regista proveniente dalla vecchia “casa madre” d’oltre oceano. La spiegazione di un fenomeno che, andando al di là di un commento scherzoso, è rilevante per davvero, viene fatta risalire ad alcune caratteristiche ben precise del sistema dei media britannici.
“Per competere con i britannici, allora, o sei sharp o non ce la fai”. Lo “sharp” sta per un miscuglio di “acuto”, “furbacchione” e “appuntito”. La precisazione viene da uno che se ne intende e che è britannico: Emily Bell, professore di giornalismo alla Università americana “Columbia”, dopo essere stato direttore di uno dei più brillanti giornali londinesi “The Guardian”.
Lui non ha dubbi: il sistema della comunicazione e dello spettacolo mediatico britannico per la sua raffinatezza non può essere minimamente paragonato a quello statunitense che, pure, ha a disposizione un pubblico più vasto. Senza timori conclude: il sistema dei media americani è troppo “grossolano”.
Veronica Gabbuti