Giovanni Minoli lascerà la Rai ma “La Storia siamo noi” non finirà in soffitta, come temuto. Lo precisa il Direttore generale Luigi Gubitosi spiegando che l’Azienda non rinnoverà il contratto del Dirigente perchè ormai pensionato, ma che il programma proseguirà. “Il format de La storia siamo noi è di prprietà della Rai”, ha confermato il Dg. Il contratto di Giovanni Minoli scadrà il 31 maggio e la Rai, come nuova politica aziendale.ha deciso di puntare sulle “forze interne”. Giovanni Minoli, andato in pensione tre anni fa, aveva avuto un contratto da “esterno” appunto triennale, che sta per terminare.
“La storia siamo noi” è tutto sommato uno dei pochi programmi della Rai di qualità che possa esser paragonato, seppure alla lontana, a quelli della BBC. La Rai, ma neppure Mediaset, e nemmeno La7, comunque mai potrà avvicinarsi lontanamente alla possibilità di diventare la BBC d’Italia. Se è per questo, manco le concorrenti commerciali britanniche della BBC! Il motivo è semplice: qua siamo in Italia, con noi italiani a fare da zavorra e a bere tutto quello che ci propinano. Là, invece, ci sono gli inglesi e siamo ad un’altra latitudine. Dove, ad esempio, l’equivalente della nostra prima serata comincia subito dopo il telegiornale delle 18, ora di Greenwich, e non dopo le 21 come, invece, qui da noi.
A quell’ora, nella terra della perfida Albione, aspettano ancora un po’, si fanno l’ultima birra, e poi vanno a letto. Un altro mondo che con il nostro ha poco da spartire. Ed è quindi chiaro perché la loro televisione sia tutta un’altra cosa.
Giovanni Minoli, altra cosa tipica della nostra Italia, inciampa, però, nell’età: deve lasciare perché ha l’età della pensione. Anche lui paga il difetto di essere nato troppo presto. E’ come, sempre per restare con questo benedetto paragone, se la BBC non trasmettesse più gli irraggiungibili e irripetibili documentari di Sir David Frederick Attenborough, il più famoso divulgatore scientifico e naturalista britannico che, nonostante sia del 1926, non ci sembra abbia ancora appeso le scarpette al chiodo.
A questo punto è d’obbligo una precisazione, prima di continuare: chi scrive, nell’arco di oltre trent’anni di professione, di cui quasi 15 in Rai, non ha mai preso neppure un caffè con Minoli.
Il nostro è sempre stato un rapporto di conoscenza a distanza. Entrambi riservati, e un pochino presuntuosi, non abbiamo mai sbracciato per stringere la mano a qualcheduno.
Il fatto è che sarebbe meglio dirlo chiaramente: l’obiettivo finale sarebbe forse quello di eliminare una trasmissione seria per prendere atto definitivamente che in Italia, lo dicevamo prima, proprio non è possibile fare la BBC?.
Nò, da noi, come vedreste confermato direttamente se, per l’insonnia, ogni notte e mattina presto, in un veloce zapping di canali, passaste da Rai Premium a Rai Movie, e purtroppo, anche a Rai Storia. Assistereste soltanto a una serie assai nutrita di tante ripetizioni, o meglio, repliche delle stesse trasmissioni e degli stessi film, presentati, oltretutto, senza alcun filo logico che li possa giustificare. Così, ad esempio, i film di Gianni Morandi di 60 anni fa, in una settimana, riuscireste ad impararli a memoria. Meno male che Morandi è almeno simpatico lo è.
Ma per caso hanno informato chi decide la programmazione che nel frattempo sono state girate altre decine e decine di migliaia di pellicole? Non c’è proprio altro da mandare in onda? E’ pure comprensibile che per risparmiare, ogni tanto, si faccia una replica. Non sarebbe possibile, però, farla una volta l’anno, invece che una volta al giorno?
C’è da chiedersi perché si continui con quest’andazzo senza che nessuno se ne preoccupi minimamente. Oggi che c’é tanta concorrenza bisognerebbe curare, invece, molto di più programmazione, tempi e contenuti.
Se la Presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, che viene dalla Banca d’Italia, a conferma che in Italia impari a fare un mestiere e poi ti premiano facendotene fare un altro, o il Direttore Generale, Luigi Gubitosi, andassero a Londra a visitare la “BBC Enterprises”, cioè il dipartimento della tv pubblica britannica incaricata di vendere i suoi prodotti, scoprirebbe alcune cose interessanti.
Intanto, che l’edificio dove è ospitato questo settore della BBC è un palazzo gigantesco. Poi, che in vendita ci sono tutte le loro trasmissioni. Di ogni genere. Niente è realizzato se non può essere venduto in tutte il mondo. Questo perché sono prodotti di altissima qualità. Su cui l’ente televisivo investe fior di quattrini. Tanto sa più che bene come fare a guadagnarcene molti, ma molti di più.
Per non parlare, poi, di quei caravan serraglio chiamati “talk show” dedicati alla politica. Dietro l’inglese cerchiamo di nascondere il guazzabuglio di confusione, approssimazione, faziosità, in molte trasmissioni persino sollecitate perché la rissa “fa audience”.
E che dire degli ormai quasi quotidiani processi televisivi dove si producono verità e sentenze, in onda per mesi e mesi, come fossero “soap” brasiliane della durata di diverse centinaia di puntate? Dove, molto spesso, è già più che chiaro quale sarà il verdetto finale. Tanto si sa: è stato lui, è stata lei, si sente poi dire la mattina dopo al mercato tra una richiesta e un’offerta di susine e pomodori E via di questo passo.
Una televisione a basso costo. Può darsi. Non sappiamo se conduttori e conduttrici raggiungano o superino quanto Gubbitosi ,sembra, avrebbe negato a Minoli. In ogni caso, la qualità è di sicuro bassa e si tratta di prodotti invendibili su qualsiasi mercato. Con queste reti Rai per di più zeppe di repliche, di trasmissioni scadenti e di partecipanti improvvisati, cosa volete mai vendere, visto che al mondo ancora non esiste il mercatino dei prodotti televisivi da “cantina svuotata”?
Giancarlo Infante