Fatto l’elenco dei ministri sopraggiunge quello dei vice ministri e dei sottosegretari. In un paese normale vorrebbe dire che è arrivato il momento di affrontare i problemi veri della gente. In Italia, invece, si preferisce tirar fuori distinguo e precisazioni. Quasi per dire, come Zerlina nel Don Giovanni di Mozart: “vorrei ma non vorrei”. “Ci sto, ma non ci sto”. I papaveri spuntano dall’erba e dicono la loro!!
L’on. Michaela Biancofiore viene presa di mira dalla sinistra giornalistica per sue posizioni note da tempo e sostenute con una coerenza continua e costante. E’ accusata di essere omofoba perché ha le sue opinioni sui “gay”. Sai che novità!
Ma il Premier, infastidito, “richiama” la Biancofiore: niente più “Pari opportunità”, ora alla Pubblica Amministrazione.
Il collega piddeino, Stefano Fassina, neo vice ministro all’importante dicastero “ fac totum” dell’Economia, pensa bene di ringraziare Enrico Letta per l’incarico – quello di sovrintendere per conto del Pd a tutta la politica economica – mettendo un bel veto a Berlusconi.
Per una volta tanto, Stefano Fassina smette di polemizzare con lui e la pensa come Matteo Renzi. La cosa, di per sé, costituisce una novità e fa una certa impressione.
Renato Brunetta, intanto, preferisce continuare a ricordare che il Governo o lo si fa come dice lui o non si farà anche se tutti sanno che l’ultima parola nel Pdl è quella di Berlusconi che, per adesso, deve solo far andare avanti il Governo Letta.
Insomma, sembra di essere come dinanzi a quelle strane coppie nate da un equivoco. Si amano l’un l’altro ma amano di più, rispettivamente, un’altra ed un altro.
Probabilmente, è solo frutto del fatto che ogni partito deve tenere ferme le proprie truppe di fronte ad una guerra, momentaneamente sospesa e trasformata in un “ volemose” bene forzato e tutto da verificare. Soprattutto, da sostanziare e da tradurre in provvedimenti seri.
Ma smettiamola con la dietrologia e preoccupiamoci di cose serie ed importanti. Al di là della composizione del Governo, il punto vero da affrontare, come ricorda oggi anche “ The Economist”, è quello sui tassi d’interesse. E cioè: la Bce presta alle banche allo 0,50 per cento in Europa. Ma queste, in Italia e Spagna, a loro volta, chiedono molto di più alle imprese e, addirittura, non prestono più niente ai privati. A che cosa serve allora mantenere dei tassi così bassi? Alla cosiddetta economia reale o qualcun altro?
A noi, francamente, non interessa più tanto come la pensano personaggi di seconda o terza fila del circo politico, bensì come si intenda risolvere i problemi veri del Paese.
Una nota davvero positiva, comunque, una vera e propria lezione per la politica ed il popolo italiano, la registriamo oggi in un intervento della ministro Cécile Kyenge Kashetu, neo responsabile del dicastero per l’Integrazione.
Da lei è venuto un insegnamento importante: usiamo le parole per quello che sono, senza nasconderci dietro di esse. Lei si è definita una italo congolese “ nera” . Ne è fiera. E noi ne siamo fieri con lei!
E’ bene accettarla e rispettarla per quello che è. Soprattutto, per le sue opinioni e per quello che istituzionalmente farà. Non per altro. Non per il fatto che è donna o per il colore della sua pelle. Le fa un grande onore parlare così chiaramente!
Una volta, il passato, Presidente dell’Unione Italiana Ciechi disse che lui era un cieco, non un “ non vedente”. Così la ministro Kyenge, giustamente, usa correttamente sia la lingua italiana, sia la lingua inglese, presentandosi per “ nera” e non per “ colored”, perché lei non è “ colorata”.
“Colored” è un termine americano, non inglese. In Gran Bretagna la gente di pelle nera si chiama ed è chiamata “ black” senza problema alcuno. E’ probabile, invece, che il “ colored” sia nato per non disturbare i razzisti degli stati Usa del Sud.
Il problema, ci vuole dire questa intelligente ministra, cui va d’istinto la nostra simpatia, non è terminologico ma di rapporto tra gli esseri umani, di rispetto di tutti gli esseri umani.
La politica ha bisogno di tornare a riscoprire l’ a,b, c della vita se vuole essere credibile e sostenibile, a partire dalle parole che si usano.
Giancarlo Infante