Brics: per ora, simbolismi e ambiguità

Brics: per ora, simbolismi e ambiguità

Altri paesi stanno entrando a far parte del gruppo del Brics, che già riunisce Brasile, India, Cina e Sud Africa e Russia. I nuovi arrivati sono di un certo peso, ma aumentano il tasso di disomogeneità. Se sul piano generale il progetto ha soprattutto una valenza simbolica, è certo che quel che maggiormente fa da collante è l’affascinante idea, ma tutta da verificare sul piano del risultato pratico ottenibile, della cosiddetta de-dollarizzazione dell’economia internazionale. Intanto, il vertice sudafricano si è chiuso solo con una fumata nera e taluni dei partecipanti si sono limitati a parlare del rafforzamento di alcune monete locali.

I paesi coinvolti, e non a caso si aggiungono entità che già hanno dimostrato una vitalità in questa direzione, come Arabia Saudita e Emirati arabi, sono alla ricerca dell’esercizio di un’ulteriore influenza politica ed economica in quel sistema globale finora, e ancora, dominato da Stati Uniti ed Europa.

E’ evidente come l’ambizioso piano si mischi con altre dinamiche perseguite da ciascuno dei partecipanti ai Brics, o a gruppi di loro, in questo senso spiccano quelle di Cina e Russia, fortemente condizionate, tra le altre cose, dalla guerra in Ucraina e dal contenzioso economico e geopolitico in corso in Oriente e in Oceania. Sullo sfondo restano comunque le grandi difficoltà economiche che sia Cina, sia Russia stanno attraversando e c’è da chiedersi quanto queste difficoltà stiano alla base dell’accelerazione del progetto dei Brics.

Colpisce, in ogni caso, l’eterogeneità dei convitati e persino delle prospettive divergenti e dei dissidi che a lungo hanno divisi alcuni di loro, com’è nel caso dei sauditi con l’Iran. E diverso è anche lo spirito che li anima. Perché, se Russia e Iran costituiscono certamente l’ala più pregiudizialmente ostile a Usa ed Europa, paesi come India e Brasile non sono affatto intenzionati a finire dalla “padella” americana alla “brace” cinese. Per non parlare poi dell’Arabia saudita che continua a rifornirsi di armamenti dagli Stati Uniti e che non sembra avere affatto l’idea di abbandonare il loro ombrello protettivo. Anzi, semmai, l’Arabia saudita contesta agli Usa quello che considera un disimpegno in Medio Oriente  e non gradiscono che Washington non abbia rinunciato del tutto alla speranza di giungere ad un accordo sul nucleare con l’Iran.

Dunque, al momento, l’unica cosa che li unisce è l’intenzione di modificare l’attuale sistema finanziario e di governo globale troppo dipendenti dagli Stati uniti.

Gli 11 paesi che, al momento formano i Brics, pur raccogliendo circa la metà della popolazione mondiale, hanno un peso finanziario relativamente piccolo, ad eccezione per la Cina, e presentano caratteristiche economiche, di consumi e di produzione notevolmente differenti tra di loro. E non è certamente l’aggiunta anche di Egitto, Etiopia e Iran a cambiare il quadro generale.

Resta il messaggio fortemente simbolico che non sfugge né agli Usa né agli europei. E a proposito di quest’ultimi è evidente come siano sollecitati a definire una loro posizione verso un mondo che, comunque, cambia e si trasforma e che, paradossalmente, spinge perché l’Europa si rafforzi e sia capace di reagire, anche autonomamente.

Alessandro Di Severo