La polarizzazione e un sistema politico giunto al capolinea – di Domenico Galbiati
La polarizzazione di cui soffre il nostro sistema politico trasforma ogni argomento in un “totem” identitario. In modo tale che ad un pre-giudizio se ne oppone un altro, in una logica che assume la divaricazione del Paese in due fazioni contrapposte, quale condizione inevitabile, anzi, ad un tempo, obbligata ed ideale, unica praticabile per un confronto politico che ha smarrito le regole della dialettica più elementare.
Quest’ultima, nella sua forma più semplice, prevede che da una tesi e dalla relativa antitesi si approdi ad una sintesi, che, nel nostro caso, va assolutamente evitata per impedire che, a pochi mesi da una importante consultazione elettorale, oltre agli argomenti dell’ una e dell’altra parte, si sovrappongano, embricandosi tra loro, frange dei rispettivi elettorati, più facili da controllare se si tiene alta l’asticella della controversia, anzi della demonizzazione reciproca. Ne consegue che, in Italia, non c’è più traccia di un “discorso pubblico”, cioè di quel processo di ampio, diffuso, talvolta persino appassionato coinvolgimento della pubblica opinione e della società civile, dei corpi intermedi, delle mille articolazioni, anche locali, che vi concorrono, ad un esame quanto più possibile oggettivo delle questioni in campo.
Non c’è più nulla di tutto questo anche perché il suo necessario presupposto è rappresentato, come succedeva nella vituperata prima repubblica, da una reciproca legittimazione tra le parti, nella cui cornice lo scontro politico, per quanto fosse aspro, aveva come riferimento comune l’ effettivo interesse generale del Paese, per quanto interpretato, dall’ una o dall’ altra parte, in maniera difforme.
Il tutto oggi viene, al contrario, ricondotto ad una sorta di quotidiana corrida combattuta nelle sedi istituzionali, coronata dalla rumorosa partecipazione di mass-media che, si tratti di carta stampata o di talk-show, sono del tutto funzionali solo ad una rigorosa logica di schieramento dall’ una o dall’altra parte, accompagnata, tra l’ altro, da toni accesi che mostrano la strumentalità di un tale impianto discorsivo.
La ragionevolezza viene offuscata dalla spettacolarizzazione ed anche la politica viene derubricata a quotidiano oggetto di più o meno disattento consumo, diretto alla competizione tra varie emittenti che si contendono un’ audience, a sua volta funzionale a ragioni di ordine commerciale.
La comunicazione suborna la politica e la confina nelle maglie di un linguaggio televisivo che frammenta gli argomenti, ne smarrisce la complessità in nome di una semplificazione che, di fatto, li rende insipidi e poveri.
Insomma, affrontiamo temi di per sé difficili, quanto rilevanti per la vita di ogni italiano, senza la cassetta degli attrezzi necessari ad intavolare una discussione che sia vera, viva e sensata.
Per restare ai giorni nostri è possibile affrontare in queste condizioni temi che attraversano l’attuale momento, ma soprattutto pregiudicano gli anni a venire come, ad esempio, la cosiddetta “gravidanza per altri” oppure, su altro fronte, le questioni del lavoro, dal salario minimo al reddito di cittadinanza?
In realtà, è tempo di rendersi conto che il bipolarismo sopravvive a sé stesso, eppure è giunto al capolinea della sua vicenda, al punto scoraggia ed umilia anche la passione civile degli italiani.
Domenico Galbiati