Inflazione e crisi delle banche (2) – di Antonio Mascolo

Inflazione e crisi delle banche (2) – di Antonio Mascolo

La prima parte di questo articolo è stata pubblicata ieri (CLICCA QUI)

COME EVITARE LE CRISI FINANZIARIE? UNA PROPOSTA, CERTAMENTE DA MIGLIORARE,  DA VALUTARE E SE POSSIBILE DI ATTUARLA NEL CONTESTO ECONOMICO-BANCARIO ATTUALE

Riporto integralmente quanto detto nella parte conclusiva di un mio scritto sulle banche , dal titolo “L’Unione Bancaria Europea e l’intermediazione del credito” (CLICCA QUI) che rappresenta un contributo alla possibilità di ridurre le crisi finanziarie conseguenti alle manovre delle Banche centrali in periodo di inflazione. Richiamo brevemente come veniva considerata l’intermediazione bancaria secondo la legge del 1936 e specificamente per quanto riguarda le banche di credito ordinario o banche a breve termine in cui la raccolta fondi era a breve termine (tre, quattro o a mezzo depositi vincolati di 6-12mesi) o a vista mentre le operazioni di impiego con prestiti alle famiglie e/o imprese erano a tre, quattro o max sei mesi, cioè seguivano le scadenze del cosiddetto credito mercantile.

La legge del 1936 fu sostituita dal TUB (Testo Unico delle leggi in materia bancaria) di cui al d.lgs. 385/93.

Ecco cosa scrivevo nel maggio 2021: “Il TUB di cui al d.lgs. 385/93 e l’Unione Bancaria Europea considerano tutta l’attività bancaria, un’attività economica svolta livello privatistico avente il carattere di azienda impresa. A questo punto mi vengono da fare le seguenti considerazioni sulla opportunità di considerare la funzione bancaria, nella fattispecie del credito a breve termine, un’attività economica svolta nella veste di azienda impresa, il cui fine rimane solo e soltanto il conseguimento di un reddito o risultato economico positivo (lucro o profitto)

Tralascerò le banche di credito speciale con la gestione del credito a medio e lungo termine e mi soffermerò su quelle a breve termine o banche di credito ordinario di cui all’abrogata legge del 1936.

Con la legge del 1936 la Banca d’Italia aveva (come ha) “la funzione di vigilanza su tutte le aziende di credito che va dalla raccolta e impiego fondi, alla limitazione dei loro rischi fuori bilancio (off-balance-sheet), agli acquisti di partecipazioni azionarie e di beni immobili”. Scopo principale di questi controlli era la protezione dei diritti dei risparmiatori-depositanti e l’accertamento che l’azione delle aziende di credito fosse conforme agli indirizzi di politica economica del Paese.

Orbene l’attività bancaria è un’attività che anche se organizzata sotto forma di azienda impresa così come prevista dall’economia aziendale e dalla ragioneria sotto l’aspetto della rilevazione degli accadimenti aziendali, tuttavia se ne differenzia per la specifica materia trattata e che riguarda la funzione economico-sociale della intermediazione creditizia di fondamentale importanza nell’economia di ogni Paese. Essa riguarda la gestione del risparmio e l’esercizio del credito, nell’aspetto peculiare della difesa del risparmiatore – depositante e dell’attività creditizia. Tali funzioni nella legge bancaria del 1936 erano definite di “interesse pubblico” e tali dovevano rimanere anche successivamente. Cosa che invece non è avvenuta con il d.lgs 385/93.

Sono certamente, l’esercizio del credito e la difesa del risparmiatore – depositante, funzioni di interesse pubblico e pertanto delicate e strategiche (nell’economia di ogni Paese) nonché di fondamentale importanza per la effettuazione e utilizzo della politica economico – monetaria di uno Stato. Queste funzioni mal si attagliano alle leggi del libero mercato. Lo Stato, nella sua politica economica e monetaria, non può non essere presente nel difendere e regolare il risparmio e il credito, per tutelare i risparmiatori e l’attività creditizia e pertanto non può non distinguere e tenere separate le banche di credito ordinario da quelle a medio e lungo termine. Le misure dell’Unione bancaria Europea cosi come sopra descritte se funzionanti potrebbero in parte difendere il risparmio e il credito, tuttavia l’attività bancaria, così come prevista dall’accordo del 2012, rimane sempre un’attività economica alla stregua di ogni altro tipo di azienda-impresa. Ciò non può non sensibilizzare l’attenzione degli Stati dell’U E ai fini di tutelare in maniera speciale l’esercizio del credito a breve e la difesa del risparmiatore. Inoltre la parificazione dell’attività bancaria ad attività gestita come azienda impresa, soggetta alle sole leggi del mercato, mal si attaglia con la tutela necessaria per la speciale funzione dell’esercizio del credito così come prima descritta. Sotto questo punto di vista, l’Unione Bancaria Europea, nel porre l’attività di intermediazione creditizia alla stregua dell’attività con il carattere di impresa, soggetta al rischio di impresa, ha lasciato in balia delle sole dure regole del mercato due funzioni fondamentali, risparmio ed esercizio del credito, funzioni che sono di fondamentale importanza per lo sviluppo e per l’equilibrio economico-sociale di un Paese. Il d.lgs 385/93 nel recepire quanto stabilito dall’Unione Europea ha lasciato alle sole regole del mercato due funzioni importanti del sistema creditizio dal notevole spessore economico-sociale.

Il sistema bancario italiano andava riformato, visti i risultati della gestione IRI ed il suo peso nell’incremento del debito pubblico del nostro Paese, ma della legge del 1936, la riforma del 1993 doveva salvare e tutelare l’aspetto economico-sociale-monetario e l’interesse pubblico delle due funzioni su accennate. Per quanto appena detto la banca, come impresa speciale, visti il delicato settore di grande importanza nella economia del Paese e l’interesse pubblico incontestabile della funzione dell’esercizio del credito e della funzione della difesa del risparmiatore depositante (da difendere e da tutelare), non deve essere messa nelle condizioni di poter fallire. L’eventuale default va prevenuto attraverso una vigilanza stringente dell’attività bancaria che deve essere svolta dalla BCE (così come stabilito dall’Unione Bancaria Europea) con l’ausilio della Banca d’Italia nella sua naturale funzione di organo di controllo. Controllo che dovrà essere esteso sia nella corretta gestione del credito e della difesa del risparmio e sia nell’evitare che la sola legge di mercato possa danneggiare e compromettere la funzione bancaria di interesse pubblico e con essa arrecare grave danno ai risparmiatori.

La banca, anche se gestita con criteri aziendalistici e quindi di economicità, deve e dovrà sempre salvare l’interesse pubblico della difesa del risparmio e dell’esercizio del credito. La banca di credito ordinario pertanto dovrà sempre avere il supporto dello Stato, che deve garantire la possibilità di convogliare il risparmio acquisito in operazioni di finanziamento solo e soltanto di credito commerciale e cioè a breve termine. Perché ciò possa avvenire serve ritornare alla specializzazione del credito e al tipo di gestione del credito di cui alla legge del1936. La banca universale che compie tutti i tipi di operazioni e cioè a breve, medio e lungo termine non riesce a salvare il risparmio a breve nel momento che lo può investire, a medio e lungo termine, oltre i termini del credito mercantile e cioè oltre i termini del ciclo economico – finanziario. Inoltre una cattiva e antieconomica gestione della banca di tipo universale, dovuta a criteri di espansione (causate dall’apertura di filiali e agenzie in tutta l’Europa) e alle necessarie concentrazioni bancarie conseguenti, con il sostenimento di costi di investimento eccessivi e non compensati e coperti da sostanziosi return di natura reddituale, porterà ineluttabilmente le istituzioni bancarie a gravissimi problemi di liquidità e a stati di grave insolvenza e pre-fallimentari. E’ storia recente ciò che è avvenuto in Italia e in Europa sul problema di liquidità delle banche, dovuto alla presenza dei vuoti patrimoniali nelle attività dei loro bilanci, alle enormi esposizioni per impieghi effettuati e non coperti da una seria indagine di solidità economico-patrimoniale e finanziaria delle imprese affidatarie e assegnatarie di ingenti prestiti, al possesso tra gli asset di ingenti quantità di NPL (Non Performing loans), al loro stato di pre o default ecc…”.

La parte riportata di un mio precedente articolo è di particolare attualità e ben si adatta alla situazione attuale delle crisi finanziarie delle banche dovute a manovre dei tassi di interesse allo scopo di ridurre il tasso di inflazione. Per evitare pertanto quello che è stato detto in altra parte del presente articolo, sarà necessario che la banca commerciale o di credito ordinario (o mercantile o banca a breve termine) che effettua le operazioni di raccolta fondi a vista o al massimo e tre o sei mesi sia obbligata ad investire negli stessi termini previsti per la raccolta fondi. E inoltre che la difesa del risparmiatore depositante e l’esercizio del credito ritornino ad essere funzioni di interesse pubblico e che la banca a breve, come ente di emanazione dello Stato, sia sottoposta a controllo della Banca d’Italia essendo l’esercizio del credito un problema di interesse pubblico e non possa essere sottoposta a procedura fallimentare.

Antonio Mascolo