Migranti: ma chi decide?

Migranti: ma chi decide?

Abbiamo scoperto che la Presidente del consiglio, Giorgia Meloni, non sapeva del “ripensamento” dei medici che, tornando sui propri passi, hanno stabilito come esistessero condizioni sanitarie tali da consentire anche ai 35 migranti lasciati a bordo di sbarcare dalla Sos Humanity 1. Il famoso “carico residuo”,  stando alla definizione del Ministro Piantedosi.

Si pone, dunque, il quesito se esista una “catena di comando” in un ambito tanto delicato e politicamente importante. Sia per la dimensione nazionale, sia per quella internazionale. Oltre che per rassicurarci di quanto, davvero, l’Italia rispetti tutte le convenzioni internazionali senza finire dalla parte del torto. E Giorgia Meloni si troverà di fronte al dilemma della “catena di comando” in ogni occasione in cui deciderà di attuare qualche cosa, qualunque sia l’ambito oggetto della decisione.

C’è da ricordare che l’Unione europea e la Francia, coinvolta nella vicenda per l’aver accettato di concedere un approdo ad una delle quattro navi ong inizialmente bloccate dalle autorità italiane, la pensano diversamente in materia di accoglienza dei migranti. I francesi hanno reagito molto duramente alle dichiarazioni di alcuni esponenti della maggioranza di governo italiani intenzionati a dare ad intendere che la decisione delle autorità di Parigi fosse stata in qualche modo concordata con quelle di Roma. Non sembra sia proprio così e Parigi presenta il proprio gesto come un qualcosa di “riparatorio”, reso necessario dall’atteggiamento italiano ed accusato di violare, non di rispettare, le norme europee in materia.

Le vicende di queste ore confermano la necessità di recuperare una cultura politica di livello internazionale. Non si può continuare a credere che nel resto del mondo si vada avanti con il livello cui ci fanno assistere anche autorevoli rappresentanti della politica italiana. C’è un parlare a “ruota libera” impressionante e sembriamo credere, davvero, che il resto del mondo non ci ascolti e che, soprattutto, non conti niente.

Giorgia Meloni nell’intervento con cui è apparsa come quella che “cade dal pero”  sulle decisioni relative allo sbarco della Sos Humanity 1 dice una cosa vera: si tratta di migranti e non di naufraghi. Ma formalmente non è così, anche se sappiamo bene cosa pure di poco commendevole ci sia dietro una parte della nobile attività delle ong in via generale, ma che nella realtà rischia di costituire il segmento terminale di un percorso con degli aspetti criminali che non si possono ignorare.

Ma queste questioni non si risolvono con il blocco navale o con divieti di sbarco insufficienti a farci tenere conto delle norme internazionali e degli accordi europei. E’ evidente come la questione dell’emigrazione non possa essere affrontata e risolta solo con una generica predisposizione all’accoglienza, ma neppure con l’altrettanto semplicistica idea della chiusura totale. In sostanza, manca una visione complessiva sulla possibile prospettazione di una politica dell’emigrazione che l’Italia deve almeno avere la capacità di abbozzare ancor prima di mettersi nella condizione di avviare un confronto in sede europea. Sede in cui, come per noi italiani, è più facile seguire la via degli stereotipi.

Bisogna accettare la complessità del problema e su questa base rivedere la Bossi – Fini, impegnarsi per trovare con i partner europei una soluzione condivisa raggiungibile sulla base del realismo e della disposizione a trattare. Anche la questione delle ong, che però riguarda solo il 16% circa del numero dei migranti sbarcati in Italia, diciamolo con chiarezza, nasce da quando lo Stato ha deciso nei fatti di delegare ad altri un compito che, invece, dovrebbe riassumere pienamente dotandosi di tutti quegli strumenti utili ad affrontare il tema dell’attraversamento del Mediterraneo nella maniera più adeguata e nel pieno rispetto delle regole.

E’ troppo comodo continuare a lasciare che l’emigrazione costituisca solo occasione di uno scontro politico interno e di acquisizione di “facili” consensi elettorali, quando sappiamo benissimo che continuando così ogni arrivo di una nave ong riproporrà, né più né meno, le stesse cose cui abbiamo appena assistito.