Tutti “pazzi” per Van Gogh in mostra a Roma – di Giuseppe Careri

Tutti “pazzi” per Van Gogh in mostra a Roma – di Giuseppe Careri

Uno dei dipinti più suggestivi della mostra di Vincent Van Gogh a Roma-Palazzo Bonaparte è il dipinto del giardino del manicomio di Saint-Rémy dove era ricoverato il pittore olandese nell’ultimo anno della sua vita. Questo dipinto è il trionfo dei colori dove domina il giallo, il verde e il blù, i colori più amati da Van Gogh. Colori utilizzati per dipingere un giardino tremolante con gli alberi variopinti e con lo sfondo della casetta gialla dove era ricoverato il pittore. E’ il 1889, un anno prima della sua morte; la sua pittura ricca di colori e di simboli risente della sua mente malata, ma i diversi sprazzi di lucidità consentono al pittore olandese di realizzare capolavori arrivati fino a noi. In quell’ultimo anno della sua vita, Vincent Van Gogh, spaventato dalla sua instabilità mentale, sceglie volontariamente di vivere in un ambiente protetto. Il 9 maggio del 1889 scrive infatti all’amato fratello Theo: “Credo di aver fatto bene a venir qui, perché vedendo la realtà della vita dei pazzi o dei vari squilibrati di questo manicomio, mi passa il timor vago, la paura della cosa in se. E poco per volta posso arrivare a considerare la follia una malattia come un’altra”.

Il rapporto con il fratello Theo è forse l’elemento decisivo per Vincent di continuare la sua lotta con la vita aggrappandosi alla pittura e all’amore del fratello/amico. Van Gogh scriverà 668 lettere a Theo, raccontandogli i suoi problemi e le difficoltà in certi momenti di non riuscire a dipingere. Theo, lo conforta ma, soprattutto, lo aiuta anche dal punto di vista economico. Nella mostra di Palazzo Bonaparte sono raffigurati vari momenti della sua arte e del suo ingegno. Oltre i dipinti, vengono presentati filmati sulla vita del pittore olandese e una sala di specchi in cui vengono presentati i girasoli e i fiori che tanto hanno appassionato Vincent Van Gogh. In oltre 70 mila hanno già prenotato la visita al museo di palazzo Bonaparte aperto fino al 26 marzo del 2023.

Nella mostra si parte dal 1881 quando il giovane Vincent ha appena 28 anni e subito dopo aver fallito le prime prove di lavoro in alcune imprese editoriali e di botteghe dell’arte. In quegli anni Van Gogh non si trova bene in famiglia, dove non si sentiva ne capito, ne amato.

Per le sue tele Van Goh preferiva il mondo dei contadini, i taglialegna, tessitori, e lavoratori; amava persino le prostitute, anziché il  mondo civilizzato. Non a caso ad Arles dipinse una quantità di quadri raffiguranti i lavoratori della terra, come i mangiatori di patate, un quadro bellissimo dipinto a lume di candela. E poi un dipinto di una contadina che lava una pentola; ancora: donne nella neve che portano sacchi di carbone in spalla; e contadine che raccolgono patate. Dipinti carichi di umanità, di fatica e di pietà. “I minatori di carbone e i tessitori sono una razza a parte; sento per loro una grande simpatia, e mi reputerò felice se riuscirò un giorno a disegnarli in modo da far conoscere questi tipi ancora inediti o quasi”.

Van Gogh descrive la sua emozione e i suoi sentimenti attraverso la rappresentazione pittorica dei suoi quadri. Scrive nel 1882: “Cosa sono io agli occhi della gran parte della gente? Una nullità, qualcuno che non ha posizione sociale, né potrà mai averne una; in breve l’infimo degli infimi. Ebbene, anche se ciò fosse vero, vorrei che le mie opere mostrassero cosa c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno”.

Nel 1884/85 continua con i ritratti della povera gente che esprimono tutta la loro condizione di lavoratori e lavoratrici a contatto con la natura. E’ di questi anni il ritratto di donna con cuffia bianca e di una contadina che raccoglie il frumento. Ma la vita di Van Gogh si esprime anche con la sua vita privata che gli costerà il rammarico del fratello Theo.

Verso la fine di gennaio del 1882, dopo un innamoramento che lo vide respinto, Vincent incontra per strada Clasina Christien Maria, una prostituta alcolizzata, incinta e madre di una bambina di cinque anni. Sien, il nomignolo con cui Vincent le si rivolge, diventa la sua modella e ben presto la sua amante. Questa relazione scandalosa gli aliena la famiglia. Theo, malgrado non sia d’accordo con questo matrimonio, continua ad aiutare Vincent con l’invio di pennelli e colori oltre che in somme di denaro. Vincent ringrazia Theo per la sua generosità e per l’aiuto morale ed economico che continua a dargli. Van Gogh continua a scrivere al fratello, a consigliarsi, a cercare un appoggio morale che lo rassicuri.

In una lettera del luglio del 1882 gli scrive: “Quello a cui miro è maledettamente difficile, eppure non penso di mirare troppo in alto. Voglio fare dei disegni che vadano al cuore della gente. Sia nella figura che nel paesaggio vorrei esprimere non una malinconia sentimentale ma un dolore vero”.

Per raggiungere un livello di perfezione pittorica Van Gogh si affida ai colori per esprimere l’amore di due innamorati, o il pensiero della mente con un tono più chiaro sul fondo scuro, ed esprimere la speranza con le stelle.

Nei numerosi suoi ritratti indagava la sua inquietudine e il dolore del vivere. Uno stato di malessere pervadeva infatti sempre più la mente di Vincent Van Gogh che lo portò lentamente alla pazzia che cercava, con l’aiuto di Theo, di dominare.  Non ci riuscì. Il 27 luglio del 1890 Van Gogh si sparò un colpo di pistola allo stomaco. Morì due giorni dopo.  Aveva solo 37 anni. Nei suoi vestiti fu trovata una lettera con scritto:  “Nel mio lavoro ci rischio la vita e la mia ragione vi si è consumata per metà”.

Giuseppe Careri