Giorgia Meloni e il tappeto rosso : la faceva facile?

Giorgia Meloni e il tappeto rosso : la faceva facile?

Giorgia Meloni mette già le mani avanti e parla di un’eredità difficile che le toccherà gestire. E cosa dirà quando vedrà ancora più approfonditamente le carte su cui hanno sudato presidenti del Consiglio e ministri degli ultimi anni. E non solo quelli segnati dalla pandemia. Viene da chiedersi se ci sia mai stata un’adeguata riflessione sulla decisione improvvisa di Sergio Mattarella di approfittare dell’evidente esplosione della crisi del Conte II per affidare Palazzo Chigi a Mario Draghi?

Probabilmente anche quelli di Fratelli d’Italia continuano ad indossare gli occhiali della politica “politichese”. Cosa del resto dimostrato da tutto quello che sta avvenendo nelle stanze della destra mentre dicono di lavorare alacremente, giorno e notte, per la composizione dell’esecutivo che si troverà dinanzi una situazione destinata a non lasciare più alibi a nessuno. Anche se gli alibi finiranno per essere creati, se del caso. E non vorremmo che quello che già stiamo sentendo a questo servirà.

Stucchevole e patetica la discussione su Governo “tecnico” o “politico”. Così come la girandola di nomi che continuano ad essere citati. Fa riflettere il fatto che alcuni di questi già circolarono in tutte le occasioni precedenti in cui un governo si dovette formare dal 2018 in poi. E allora, o ci troviamo di fronte a gente di “chiara fama”, considerati tale anche da Giorgia Meloni, ma la cosa sembra poco credibile vista la dura opposizione da lei fatta ininterrottamente su tutto e su tutti lungo i 18 mesi del Governo Draghi, oppure c’è qualcosa che non torna. Che è poco chiaro. Che andrebbe chiarito.

Il mandato elettorale è stato esplicito e che, allora, lo si eserciti. Poi, il popolo sovrano tornerà a dire la propria. E vedremo se anche nel futuro ritirerà la delega a chi ha vinto le elezioni come sta avvenendo ininterrottamente da più di un decennio. E’ certamente il frutto di quello che chiamiamo bipolarismo il quale porta inevitabilmente le estreme, chiamiamole così, a fare il mestiere che non sanno fare e cioè assicurare l’arte del buon governo che presuppone realismo, equilibrio e costruttività, e non solo andare avanti a colpi di “no”. La risposta a questa carenza nel Dna non è quella di spacciare “armate brancaleone” elettorali per coalizioni vere e proprie, come se davvero esistesse un comune sentire e non si trattasse solamente di una corsa al potere e alla gestione di ministeri, enti, investimenti e così via.

C’era bisogno di avvicinarsi a Palazzo Chigi per sapere di un’eredità che ci lasciano, ma da un pezzo, antiche vicende storiche di governo e della politica, di cui anche Giorgia Meloni è stata parte? E perché volle rimanere all’opposizione del Governo Draghi? Cui ha fatto davvero la guerra, e su questo ha incassato il dividendo più alto, quando tutto spingeva, invece, perché davvero si scoprisse cosa significa il “patriottismo”, e cioè l’amore per il bene comune. Il quale talvolta richiede pure di partecipare ad un impegno comune per quanto esso possa essere elettoralmente poco conveniente.

Adesso Giorgia Meloni governi sapendo che l’eredità è pesante. Ma lo era già 18 mesi orsono. Che ci si debba preparare al peggio gli italiani lo sanno da un pezzo. Ma cerchiamo, almeno, di farlo con l’adeguato decoro politico.