La propaganda che ci fa apprezzare il vivere in un Paese libero – di Domenico Galbiati

La propaganda che ci fa apprezzare il vivere in un Paese libero – di Domenico Galbiati

Tutti ci auguriamo che nessun talk-show venga chiuso – tanto meno da parte della RAI, titolare di un servizio pubblico – solo perché ci somministra una over-dose di “putiniani” nostrani, oppure brani della propaganda di stato imposta dal Cremlino al popolo russo tratti direttamente dai telegiornali russi. Anzi, ben vengano questi ultimi perché, se pur intossicano l’atmosfera, mostrano quanto valga la pena, se non altro per una semplice ragione di igiene mentale, vivere in un paese libero.

Bisognerebbe chiedersi se tra i criteri di valutazione per cui una “grande potenza” viene classificata come tale, non si debba considerare quanto sia sviluppata la facoltà di giudizio autonomo e consapevolmente critico e, dunque, d’indirizzo e di controllo, che l’opinione pubblica è in grande di esercitare nei confronti del potere. Il quale è legittimo nella misura non è mai sconfinato ed autoreferenziale, bensì tenuto ad osservare le regole dello Stato di diritto e, quindi, un limite che, ove si volesse disattenderlo, verrebbe comunque imposto da una società civile avvertita e matura. In caso contrario, una tale “potenza”, gestita dall’ “uomo forte” di turno, secondo una piena discrezionalità, rischia di essere quanto più grande, tanto più destabilizzante e pericolosa.

C’è, peraltro, chi sostiene che i “giornalisti” russi, piuttosto che tali, siano soggetti che, posti nella piena disponibilità delle direttive del Cremlino, scientemente recitano il copione della disinformazione e di una propaganda diretta ad “edificare” nella fede un popolo che è ad un tempo, bamboleggiato ed ingannato. Ma sono davvero così proditoriamente “menzogneri” o non danno, piuttosto, conto a livello di un ceto sociale ed intellettuale di livello non indifferente, di un abito mentale che tradisce l’involuzione psicologica che, complessivamente, il “sistema” di potere autocratica esercita, addomesticando il popolo?

Che cosa hanno fatto decenni e decenni di “comunismo sovietico” – e lo stesso discorso si potrebbe fare nei confronti del “mao-confucianesimo” cinese – alla coscienza morale e civile del popolo russo? Tutti i regimi totalitari finiscono per esigere, pena la stessa sopravvivenza, che prima o poi, tanto o poco in ragione del ruolo che si esercita nel corpo sociale, ci si adatti ad un costume di menzogna. Quest’ultima, alla lunga, diventa sopportabile solo a condizione che, un passo dopo l’altro ed inavvertitamente – dunque abbandonando per strada, pur senza una intenzionale malizia, la propria capacità critica – si finisca per mentire a sé stessi.

Per i regimi autocratici la repressione è necessaria e la propaganda indispensabile. La libertà, poiché risponde all’istanza originaria del nostro esser “umani”, è contagiosa e, dunque, perniciosa come un virus cui va impedito di circolare. La democrazia è una minaccia. La concepiscono come una gramigna, un’erba infestante invincibile.
Ad un tempo si radica nel terreno ed emette in superficie lunghissime diramazioni su ognuna delle quali, qua e là, ripetutamente si riproducono apparati radicolari, per cui, per quanto la si strappi via, basta che un segmento sopravviva, perché da lì riprenda a proliferare.

Anche ogni uomo libero, che sia effettivamente tale, rappresenta una singolarità incoercibile da cui la libertà si irradia e si moltiplica. Insomma, un pericolo serio, un vizio insopportabile da soffocare quando si manifesta e, ancor meglio, da prevenire in maniera studiata e sistematica Ed è anche questa la partita che ci giochiamo.

Domenico Galbiati