Alla “riscoperta” del Mediterraneo e dell’Africa

Alla “riscoperta” del Mediterraneo e dell’Africa

Di necessità virtù. E’ proprio il caso di dirlo. Siamo costretti a riscoprire una funzione storica che l’Italia ha abbandonato da tempo: il rapporto con l’Africa. Lo stiamo facendo, e vedremo se lo perseguiremo, perché abbiamo bisogno di diversificare il nostro approvvigionamento energetico. Il gas a buon prezzo proveniente dalla Russia ci sta facendo trovare “prigionieri” di una situazione che non è mai stata da noi seguita con una visione strategica.

Sappiamo dei viaggi organizzati in tutta fretta dal nostro Governo e delle relazioni che si è stati costretti a provare a rendere più strette con taluni paesi della riva sud del Mediterraneo e con quelli dell’Africa centromeridionale e metterci così in condizione di essere meno dipendenti dalle forniture assicurate dalla Russia.

In questa direzione va la recente relazione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir) sulle conseguenze del conflitto tra Russia e Ucraina nell’ambito della sicurezza energetica (CLICCA QUI). Un ragionamento di ampio respiro che richiamano le relazioni dell’Italia con i partner europei, ma anche con quelli del resto del mondo, a partire dagli Stati Uniti.

Oggi c’interessa, però, guardare in particolare la questione energetica. “L’affidamento alla Russia quale fornitore principale di gas è coinciso con l’ascesa al potere di Putin ed è riconducibile alle scelte operate in passato da parte di differenti Esecutivi in un contesto internazionale certamente diverso”, dicono i nostri parlamentari.

Guardando ai dati del 2020, il “mix energetico” italiano risulta dipendere per più dell’80%  da fonti fossili: 42% per gas e il 36% per petrolio. Se dipendiamo dal carbone solamente per il 4%, il resto dell’energia necessaria ci è assicurata solamente per il 18 per cento da fonti rinnovabili: l’11 per cento grazie a fotovoltaico ed eolico, il 7 per cento grazie alla produzione idroelettrica. Per quanto concerne il petrolio, acquistiamo dalla Russia solamente l’8 per cento per il gas la musica cambia completamente con il 40% del gas necessario al nostro fabbisogno.

Anche i parlamentari del Copasir ritengono inevitabile guardare verso altre parti del mondo più di quanto non si sia fatto finora e, così, sorgenti alternative sono indicate quelle di Algeria, Libia e Azerbaigian oltre che Egitto, Qatar, Congo, Mozambico, Angola e Nigeria. Era l’ora! Senza trascurare le criticità comunque rappresentate dalla situazione di taluni di questi paesi, i nostri parlamentari sostengono che il puntare sul Continente africano “può costituire un passo obbligato e al contempo una sfida e un’opportunità per l’Italia e di conseguenza per l’Europa, purché, deve essere evidente da subito, ci sia un’adeguata strategia italiana ed europea nei confronti dell’Africa secondo un modello di partnership che assicuri stabilità, pace e sviluppo ai Paesi fornitori e lungo le rotte dei trasporti. Ove ciò non fosse, si passerebbe dalla dipendenza attuale dalla Russia, quale maggiore fornitore, alla precarietà di approvvigionamento dall’Africa, tanto più che oggi in Africa sono presenti proprio Russia, Cina e Turchia. (…) Questa proiezione verso l’Africa non può infatti ridursi ad una dimensione meramente energetica o economica, senza considerare le implicazioni geopolitiche, militari e di sicurezza che ne derivino. Molti di questi Paesi sono esposti a gravi e alterne fasi di instabilità che comprometterebbero sul nascere ogni investimento e progetto; questo fattore di debolezza non è solo legato alla storia di quelle Nazioni, ma è anche causa ed effetto del protagonismo ostile e assertivo di potenze come la Cina e la Russia che da tempo coltivano mire espansionistiche e neocoloniali in quel quadrante, accrescendo la propria influenza con cospicui investimenti che non si limitano al settore energetico o economico, ma comprendono anche l’ambito militare, potendo così contare su relazioni privilegiate con molti governi locali”.

In poche parole, si tratta di tornare a quella politica della “cooperazione” che l’Italia ha perseguito per alcuni decenni nella seconda metà del secolo scorso e che, poi, è stata lasciata colpevolmente cadere nel corso del tempo un po’ da tutti i governi che si sono succeduti ed ha trovato scarsa attenzione in tutto l’arco parlamentare.

Si tratta allora di ridare al nostro Paese la capacità di una presenza politica da sviluppare, assieme alla intera all’Europa, al fine di rafforzare le relazioni con la sponda meridionale del Mediterraneo e l’Africa in generale. Relazioni che non possono certamente essere limitate ad una visione esclusivamente economicista.

Cassandra M. Verticchio