Risale lo spread … in attesa della politica – di Guido Puccio

Risale lo spread … in attesa della politica – di Guido Puccio

E’ bastata una dichiarazione della presidente della BCE, Christine Lagarde, e non un comunicato ufficiale, a fare schizzare lo “spread” cioè il differenziale del rendimento del titolo decennale italiano rispetto a quello tedesco a 180 punti, per poi assestarsi poco sotto.

Niente di eccezionale, ma la Lagarde ha semplicemente confermato che la Banca Centrale europea ridurrà gli acquisti di titoli sul mercato secondario. Sui tassi di interesse la sua posizione per ora rimane quella espressa a dicembre: nonostante l’inflazione morda anche in Europa non dovrebbero aumentare prima del 2023.

La reazione dei mercati, che leggono in filigrana queste “precisazioni”, non si è fatta attendere: gli spread sono aumentati per tutti e, come al solito, in modo più marcato in Italia dopo che molti investitori istituzionali hanno cominciato a liberarsi in pochi giorni sia di titoli pubblici che di obbligazioni italiane.

Le ragioni di queste decisioni, che hanno provocato l’aumento dello spread, non sono certo riconducibili ai risultati del 2021 che hanno piuttosto registrato una forte ripresa dell’economia italiana. Né alla stabilità politica, dopo la conferma del ticket Mattarella-Draghi e la rimozione del rischio di elezioni anticipate.

Secondo alcuni osservatori sono anzi questi due fattori che avrebbero indotto il capo della BCE a confermare la riduzione degli acquisti anche se tutti sanno che prima o poi la banca centrale dovrà pensare anche a sgravarsi, sia pure gradualmente, della enorme massa di titoli acquistati sul mercato.

Altri attribuiscono invece alle trattative riservate già avviate sulla sorte del patto di stabilità in corso a Bruxelles, quando i Paesi membri dell’Unione dovranno accordarsi sui parametri di deficit, spesa corrente e debito pubblico dei loro bilanci.

I mercati non sono solo occhiuti ma hanno anche antenne fini quando si tratta di percepire le condizioni che sono dietro l’angolo. E’ ben noto quello che pensano i tedeschi e i Paesi cosiddetti “frugali” sulle regole che dovranno essere rispettate da un accordo anche rinnovato del patto di stabilità.

In particolare, è in discussione, il problema dell’extra debito al quale tutti hanno fatto ricorso per affrontare la crisi sanitaria e sociale conseguita alla pandemia da Covid-19. Per noi, che abbiamo il debito pubblico tra i più rilevanti, saranno decisive almeno due condizioni da rispettare per non arrestare la ripresa- che comunque nel 2022 sarà inferiore a quella dell’anno precedente- per non ricadere nella palude dell’ultimo decennio con crescita a dimensioni di zero virgola.

La prima condizione è la stabilità politica. Che cosa accadrà dopo le elezioni del prossimo anno? Non basta certo trovare un accordo sulla nuova legge elettorale, né ipotizzare le future alleanze di governo, ma piuttosto capire quali saranno i rapporti con l’Unione.

La seconda condizione è il buon fine del Pnrr e l’effettivo utilizzo dei rilevanti mezzi finanziari resi disponibili dall’Europa con il Recovery Fund, accompagnati naturalmente dal completamento di alcune riforme, prime fra tutte quella della giustizia, della scuola e della concorrenza.

Veniamo da un decennio di investimenti pubblici che sono stati inferiori a un quarto di quelli privati, e basterebbe questo dato per comprendere l’enorme occasione che da qui al 2026 si presenta per il nostro Paese.

Ecco perché il punto vero non è ancora, per ora, l’aumento dello “spread” ma piuttosto quello di capire se la politica ci sarà. Non certo quella di oggi con partiti che non sono più partiti. Né quella di un Parlamento che è stato inchiodato per una settimana, tra finte e controfinte, per la elezione del Capo dello Stato.

Siamo pur sempre lo Stato dove una classe politica, dal dopoguerra ai primi anni novanta, ha saputo ricostruire un Paese distrutto, povero e arretrato, con grandi progressi di riforme economiche e di diritti civili pur in costanza di  divisioni che pure erano profonde più di oggi  tra i partiti più rilevanti.

Guido Puccio