Sardegna: la fabbrica d’armi e la tutela dell’ambiente

Sardegna: la fabbrica d’armi e la tutela dell’ambiente

Il Consiglio di Stato si è pronunciato: per la fabbrica di bombe di di Domusnovas, che si trova nel Sud della Sardegna, nel territorio di Iglesias, c’è tutto da rifare. La Rwm Italia se vorrà proseguire con il progetto di ampliamento dovrà ottenere nuove autorizzazioni.

Il superiore Tribunale amministrativo ha, infatti, riformato una sentenza pronunciata nel 2020 della del Tar Sardegna accogliendo la richiesta di varie associazioni ambientaliste. Risultano annullate le autorizzazioni per la realizzazione di due nuove strutture aziendali e la delibera con  cui la Giunta regionale sarda aveva stabilito di non sottoporre alla  Valutazione d’impatto ambientale ( Via) il progetto che prevedeva la creazione di un nuovo poligono che dovrebbe servire condurre test sia sugli esplosivi, sia sulle materie prime usate.

La Rwm Italia che produce sistemi d’arma di ogni tipo, da quelli marini ad armamento vario come mine e bombe da anni è contestata dalle associazioni ambientaliste. La società,  che fa parte del gruppo tedesco Rheinmetall, è da anni contestata dalle associazioni ambientaliste e da quelle pacifiste. In particolare, per la vendita delle armi all’Arabia Saudita impiegate nella sanguinosa guerra in corso da anni nello Yemen. In effetti, agli inizi di quest’anno erano state revocate le licenze all’esportazione di munizioni e di sistemi d’arma dirette verso l’Arabia saudita e gli Emirati Arabi, anch’essi impegnati nella guerra nello Yemen.

Il ricorso era stato presentato da Italia Nostra, Usb Sardegna e Assotzio consumadoris Sardigna onlus cui si sono opposti anche il Ministero dei Beni culturali, la Regione Sardegna, e il Comune di Iglesias.

La sentenza del Consiglio di Stato ribadisce che i progetti sarebbero dovuti essere sottoposti alla Via obbligatoria in considerazione dell’impatto dell’ampliamento previsto sul territorio. Contestato dai giudici amministrativi il frazionamento artificioso dei progetti in modo da eludere le direttive in materia emanate dalle Unione europea e previste dalle leggi italiane. Il fittizio frazionamento avrebbe dovuto impedire che i progetti fossero sottoposte alla Via.

Sempre secondo il Consiglio di Stato non è da escludere che lo stabilimento in questione costituisca “un impianto chimico integrato per la produzione di esplosivi”.

CV