Morire per un salario – di Giuseppe Careri

Morire per un salario – di Giuseppe Careri

Si chiamava Yaya Yafa, l’operaio di 22 anni originario della Guinea Bissau morto sul colpo per lo schiacciamento del torace. Il ragazzo stava scaricando del materiale quando è rimasto intrappolato tra il camion e la paratia. Yaya Yafa era stato assunto soli tre giorni prima con un contratto interinale all’interporto di Bologna presso lo Sda, un colosso delle spedizioni espresse.

Il 22enne della Guinea Bissao è la 80esima vittima sul lavoro a partire dal primo gennaio del 2021 fino ad oggi. Una media di 2,7 morti al giorno per incidenti sul lavoro. Negli ultimi due giorni ci sono stati ben 5 morti. Nel modenese un agricoltore cinese di 49 anni è morto dopo essere rimasto incastrato in una macchina agricola. Poi in Puglia un contadino di 62 anni travolto da una pala gommata. Ancora, a Sassari e Padova dove una donna è deceduta dopo essere rimasta incastrata con il camice in un macchinario avvolgi cavo che l’ha soffocata.

Morte silenziose coperte con un telo bianco causate spesso da imprudenza e dalla mancanza di sicurezza nel prevenire gli incidenti nei cantieri e nelle fabbriche meccaniche, dove si opera su macchine a volte sofisticate e difficili da gestire per chi non ha la necessaria esperienza degli apparati. Incidenti causati soprattutto dalla mancanza di misure di sicurezza e dai pochi controlli effettuati dalle Asl nei posti di lavoro considerati a rischio.

In questa situazione dolorosa, i sindacati lanciano appelli al mondo imprenditoriale per rendere il lavoro più sicuro affinché si riducano gli incidenti soprattutto quelli più gravi. Su twitter il Segretario Generale della Cisl Luigi Sbarra scrive: “Servono più ispezioni e sanzionare le aziende non in regola”.

Vista la drammaticità delle morti nel mondo del lavoro è intervenuto anche il Governo con un decreto per “incrementare gli organici degli ispettorati del lavoro, inasprire le sanzioni, dare impulso all’informatizzazione per migliorare i controlli. In definitiva la volontà di dare un segnale inequivocabile: non si risparmia sulla vita dei lavoratori”.

Nei giorni scorsi è intervenuto anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha sottolineato la tragedia di “Una ferita sociale che non trova soluzione, ma purtroppo è sempre in aumento e diventa lacerante ogni volta che si apprendono, come in queste ultime settimane, quotidiani e drammatici aggiornamenti di incidenti avvenuti.

Del resto la Costituzione nell’Articolo 35 richiama espressamente le parti sociali all’osservanza della legge sulla tutela del lavoro in tutte le sue forme. Per la conquista di questa tutela ci furono in passato battaglie epocali dei sindacati con manifestazioni reiterate per difendere la sicurezza degli operai.

Il 20 maggio del 1970, 51 anni fa, venne approvata la legge n. 300 dello statuto dei lavoratori che recita: “I lavoratori hanno diritto di controllare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”. Non a caso nel primo articolo della Costituzione vi è scritto “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”.

Presidente della Repubblica e il Presidente del Consiglio Mario Draghi, i massimi esponenti istituzionali del nostro paese, ribadiscono con forza la necessità di salvaguardare gli operai da eventuali incidenti attraverso soprattutto norme di sicurezza. Ma a questo scopo occorre il concorso di tutta la nazione, dai partiti, ai sindacati, in definitiva anche dai cittadini. Non si può tollerare di disperdere le energie sociali di una nazione con polemiche politiche spesso irrilevanti per la vita del paese; non si può fare propaganda continua per ottenere qualche voto in più, con il risultato di dimenticare le morti degli operai sul posto di lavoro. Purtroppo i partiti polemizzano su tutto, su quota 100, su reddito di cittadinanza, sulla riforma del catasto e tanto altro ancora; ogni partito vuole mettere la sua bandierina su tutte le decisioni prese dal Governo. Infine, non si possono impiegare centinaia di poliziotti per controllare le manifestazioni dei no vax, no green pass, appoggiate strumentalmente da alcuni partiti oltre che da ambienti violenti dell’estrema destra e di gruppi anarchici. Occorre, insomma, un maggiore senso di responsabilità da parte di tutti, soprattutto in questo momento di ripartenza del paese, puntando sulla lotta alla  pandemia e di quella altrettanto importante dell’economia.

Nei giorni scorsi sui social circolava una vignetta: ci sono disegnati tre operai con il casco seduti che raccontano la loro vita passata come nelle poesie di Spoon River. Il primo dichiara: Io sotto una lastra di marmo”; l’operaia: “io stritolata da una pressa”; infine il terzo operaio: “E sti stronzi protestano per il green pass”!

Giuseppe Careri